Può tornare l’orgoglio nella scuola?

Giuseppe De Rita si mostra sicuro, e il punto interrogativo non ce lo mette: “Nella scuola può tornare l’orgoglio“. E’ il titolo del suo articolo, pubblicato lo scorso 15 gennaio 2009 sul Corriere della Sera.

Il presidente del Censis, da sempre teorico del dinamismo e della vitalità della società civile versus il conservatorismo immobilistico se non regressivo degli apparati, punta questa volta sul rilancio della “macchina scolastica“, parlando addirittura di un rilancio del suo “orgoglio istituzionale“.

Sembrano lontani i tempi in cui De Rita tesseva le lodi dei “mulinelli” virtuosi che rompevano dal basso, attraverso le autonome iniziative sperimentali delle scuole, l’immobilità di un panorama scolastico  ingessato dalla sua eccessiva pesantezza istituzionale.

Ora, sostiene De Rita, la crescita di “credibilità politica” guadagnata dal ministro Gelmini in campo legislativo le offre un’opportunità: quella di fare seguire alle norme una fase di rinnovamento organizzativo senza il quale “nessuna riforma, anzi nessuna politica, è possibile“.

Un’altra “grande riforma”? E per di più dall’alto? E’ definitivamente tramontata la “stella danzante”, simbolo deritiano (con citazione nietzschiana) della creatività della periferia, della “base”? Forse è presto per parlare di una conversione dell’autorevole presidente del Censis in direzione, per così dire, neoistituzionalista, perché la sua attenzione per gli attori locali è sempre elevata (“occorrerà lavorare segmento per segmento“, confrontarsi con i presidi, rilanciare negli operatori un “alto senso di appartenenza“), ma non c’è dubbio che l’ottica con la quale De Rita guarda alle strategie educative innovative sembra ora rivolgersi soprattutto sulla “basilare riorganizzazione della macchina“. Che sembra, anche a noi, una scelta opportuna, per non dire obbligata.