Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Prove d’accesso all’università: il caso di Cambridge

Tra le molte novità contenute nel Rapporto Bertagna c’è anche l’idea di affidare all’istruzione e formazione superiore il compito di selezionare i propri studenti, sottoponendoli a prove d’accesso. Non si tratterebbe di una razionalizzazione di quanto già ora avviene in molte sedi universitarie sovraffollate, ma dell’adozione di un vero e proprio criterio selettivo di tipo meritocratico, del genere di quelli in uso nelle più prestigiose università inglesi (ma anche francesi e di altri Paesi). Vediamo ad esempio gli esiti della selezione effettuata dall’università di Cambridge, che in questi giorni ha reso nota la composizione dei nuovi iscritti (anno accademico 2001-2002): si conferma l’aumento delle matricole provenienti dalle scuole statali (che in Gran Bretagna comprendono anche quelle finanziate con risorse pubbliche), che salgono al 53%, mentre gli studenti provenienti dalle scuole private scendono al 47% (ma a queste scuole, prestigiose e costose, è iscritto solo il 7% della popolazione scolastica inglese).
Interessanti sono le cifre che riguardano il tasso di successo, cioè di ammissione, in funzione della provenienza etnica dei candidati: la percentuale più alta spetta ai “bianchi” (europei e americani) col 35% di quanti si sono sottoposti alla prova, ma è elevato anche il numero dei cinesi che sono stati ammessi (33%). Seguono i pakistani col 23%, mentre gli studenti provenienti dal Bangladesh e dall’Africa nera fanno meno bene: 13 e 12%. Ultimi sono i neri caraibici: meno di uno su dieci è passato. Ultima nota interessante è quella che riguarda i curricoli scolastici degli ammessi a Cambridge: il 90% ha conseguito il massimo punteggio nelle prove conclusive degli studi secondari, mentre la media generale, riferita al complesso delle università inglesi, è dell’11%.

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