Precari: Commissione Europea porta l’Italia davanti alla Corte di Giustizia. Le province con il maggior numero di supplenti

Precari: la Commissione Europea ha deciso di portare l’Italia davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per non aver risolto la questione dell’uso “abusivo” di contratti a tempo determinato nel settore scolastico. Questa mossa segna un passo significativo nella lotta contro la discriminazione e l’instabilità lavorativa che colpisce migliaia di insegnanti e personale scolastico nel Paese.  D’altronde, come segnalato più volte da Tuttoscuola, i numeri del fenomeno sono allarmanti. Basti pensare che quello di docenti precari ha raggiunto nel 2021-22 l’astronomica cifra di 225 mila (il 24,4%). Sembrava un picco irripetibile, e invece l’anno scolastico 2022-23 (targato Bianchi in termini di politica degli organici) ha subito segnato un nuovo record: 235 mila contratti precari (234.576, per l’esattezza). Un dato questo che si inserisce in un quadro di regole di reclutamento tale per cui la maggioranza di questi docenti ai quali scade il contratto al 30 giugno o al 31 agosto prende servizio l’anno scolastico successivo (spesso non all’inizio) in altra sede, con tutto il carico di incertezza e appunto precarietà che rende difficile la vita di chi ha scelto questo mestiere. Se a questo si aggiunge che ogni anno circa il 10% dei docenti di ruolo chiede il trasferimento, è facile capire che i cambiamenti frenetici sulle cattedre diventano insostenibili. 

Prendo atto della decisione della Commissione europea che ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia europea perché si riducano le condizioni per il ricorso dei contratti a termine e affinché i docenti precari abbiano gli stessi scatti di anzianità degli insegnanti di ruolo, in nome di una piena parificazione dei diritti – ha dichiarato il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara -. Abbiamo sottoposto da tempo alla Commissione la necessità di rivedere il sistema di reclutamento dei docenti italiani previsto da un’intesa fra la Commissione e il precedente governo, superando le rigidità della riforma PNRR che creano un’oggettiva discriminazione a danno dei docenti precari e non tengono conto dei numeri del precariato che sono cresciuti negli scorsi anni. Attendiamo quindi fiduciosi che la parificazione dei diritti possa essere estesa ora anche alle forme di reclutamento”.

In sostanza, secondo l’esecutivo Ue, l’Italia non avrebbe implementato le normative necessarie per garantire pari diritti e condizioni di lavoro per i docenti a tempo determinato rispetto a quelli assunti a tempo indeterminato. In particolare, la Commissione ha evidenziato l’assenza di una progressione retributiva che premi i periodi di servizio precedenti per i docenti precari, creando così una disparità rispetto ai colleghi con contratti stabili. Questo gap retributivo rappresenta una chiara violazione delle norme europee che tutelano i diritti dei lavoratori. Inoltre, la Commissione ha rilevato che l’Italia non ha adottato misure efficaci per prevenire l’abuso dei contratti a tempo determinato per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole statali. Tale mancanza di interventi legislativi ha portato a una situazione insostenibile per molti lavoratori del settore, costretti a vivere nell’incertezza e nella precarietà.

Le autorità italiane, pur avendo avviato alcune iniziative per affrontare il problema, sono state giudicate insufficienti dalla Commissione. La decisione di portare l’Italia davanti alla Corte di Giustizia rappresenta un forte richiamo all’azione, con l’obiettivo di garantire una maggiore tutela dei diritti dei lavoratori e una regolamentazione più equa nel mondo scolastico.

Le criticità sollevate dalla Commissione mettono in luce una questione di fondo: la necessità di riformare profondamente il sistema dei contratti nel settore educativo, per garantire non solo diritti equi, ma anche un ambiente di lavoro stabile e motivante per tutti gli insegnanti. Con l’udienza presso la Corte di Giustizia prevista nei prossimi mesi, l’Italia si trova ora a un bivio cruciale. La risposta alle critiche europee potrebbe determinare il futuro di migliaia di insegnanti e personale scolastico, oltre a influenzare il dibattito più ampio sulla condizione lavorativa nel Paese. La posta in gioco è alta: garantire un’istruzione di qualità per gli studenti italiani, a partire da chi ne ha la responsabilità diretta.

Docenti precari: i numeri

Secondo una recente analisi di Tuttoscuola sui dati MIM, nel 2015-16 i docenti supplenti nelle scuole statali con contratto a tempo determinato, annuale o fino al termine delle lezioni (30 giugno), erano stati complessivamente poco più di 100mila, il 12% di tutti i docenti in servizio in quell’anno. Da quell’anno il numero di supplenti è andato aumentando in valori assoluti e percentuali, tanto da arrivare nel 2022-23 (ultimo anno di pubblicazione dei dati ufficiali da parte del Ministero) ad oltre il doppio, quasi 235mila, un quarto di tutti i docenti in servizio.

Il numero di docenti con contratto a tempo determinato su posti comuni e di sostegno è salito da 100.277 del 2015-16 a 234.576 nel 2022-23 con un incremento di quasi 135mila unità.

Ma quali sono le province italiane con il maggior numero di supplenti? Nei mesi scorsi Tuttoscuola ha analizzato i dati dei docenti con contratto a tempo determinato (annuali o fino al 30 giugno), relativi all’anno scolastico 2022-23 e pubblicati sul Portale Unico del Ministero dell’Istruzione e del Merito, rilevando le situazioni delle singole province per quanto riguarda sia la quantità complessiva dei contratti attivati sia l’incidenza rispetto al numero di cattedre e posti funzionanti. Sono le grandi province con città metropolitane a registrare il più elevato numero di contratti per docenti supplenti: Roma è in testa con 16.542 supplenti, seguita da Milano con 15.469, Torino con 11.030, Napoli con 10.716.

È, invece, interessante conoscere l’incidenza del numero di supplenti rispetto al numero delle cattedre e dei posti funzionanti, perché rappresenta la situazione di precarietà delle scuole nella provincia italiana.

È la provincia di Lodi ad avere la percentuale più alta (42,6%) di supplenti (1.254) in rapporto al numero delle cattedre e dei posti di varia tipologia (2.941) funzionanti, seguita da Novara con il 40,3% (1.914 supplenti su 4.755 cattedre). In una situazione diametralmente opposta per ridotta incidenza di supplenti si trovano Agrigento con il 10,4% e Caserta con il 10,9%. Le province delle grandi città metropolitane con elevato numero di supplenti hanno registrato questa incidenza: Milano 37,2% (15.469 supplenti su 41.618 posti-cattedra), Torino 33,7% (11.030 supplenti su 32.740 posti-cattedra), Roma 28,4% (16.542 supplenti su 58.156 posti cattedra), Napoli 20,6% (10.716 supplenti su 51.937 posti-cattedra).

La top-ten vede presenti quattro province lombarde (Lodi, Mantova, Milano e Monza), quattro province piemontesi (Novara, Alessandria, Biella e Verbano-Cusio-Ossola) e due province emiliano-romagnole (Reggio E. e Rimini).

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