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Pratiche dialogiche: lo stupore e il mistero che funziona

di Carla Sacchi

12 Ottobre, siamo a Torino, quarta conferenza internazionale sulle pratiche dialogiche, Getting Closer, Towards a new human alliance, circa 200 partecipanti tra clinici, direttori generali di governance locali, psicologi, docenti e dirigenti scolastici.

Bel clima internazionale: tante voci ed esperienze diverse presentate in conferenza, workshop e gruppi di lavoro.

L’istituto universitario salesiano di Torino è riuscito ad organizzare per la prima volta la conferenza nell’area del Mediterraneo. Aprono i lavori il direttore generale IUSTO Rebaudengo Prof. Alessio Rocchi e il Presidente Dialogical Practices Coaching&Mindfulness Prof. Marco Braghero.

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Cosa osserva, cattura e conserva un docente da questa prima giornata di conferenza? La preoccupazione. Manifestare la preoccupazione per una situazione è importante per capire l’altro. L’insegnante si relaziona con alunni con preoccupazioni differenti e gli stessi insegnanti hanno preoccupazioni diverse. Trattare ciascun alunno come unico rende possibile apprezzarne la soggettività.

Il dialogo aperto. La dialogicità aperta è necessaria in ogni relazione umana, nella vita di ogni giorno, perché il dialogo è l’elemento portante della comprensione. Saper ascoltare l’altro che ci sta parlando e riuscire ad apprezzarne il silenzio, viverlo come ponte per il futuro non come semplice momento di informazione. Comprendere che quel che conta è ciò che abbiamo dentro e più si va a fondo, più ampia sarà la prospettiva.

Ascolto attivo. Non aver fretta di giungere a conclusioni, ma imparare da chi la pensa diversamente da noi. Ciò che vediamo è legato al nostro punto di vista, ma per vedere il nostro punto di vista dobbiamo cambiarlo. Se voglio comprendere devo assumere che l’altro abbia ragione. Scegliere il dialogo vuol dire cercare i punti di forza nella posizione dell’altro. In ogni situazione critica cercare la soluzione creativa dello stesso.

Oggi da docente porto con me queste tre parole: preoccupazione, dialogo aperto e ascolto attivo. Se riuscirò a fare esperienza con i miei studenti, capirò di aver portato con me ben più di tre parole: una visione realizzabile, il centro del focus sul noi, non più sull’io, e lo stupore quotidiano nel vedere gli effetti del dialogico. È certamente questa la frase che ha segnato la mia giornata, l’affermazione del Professor Tom Arnkil, che sottolineando che la pratica dialogica funziona, ha detto “I still feel it’s a mistery. I’m amazed!” (“lo sento ancora come un mistero. Sono stupefatto”).

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Le pratiche dialogiche e la scuola

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