Per non perdere la scuola (e garantirne la riapertura a settembre)

Di Teresa Madeo*

“Non vedo l’ora di tornare in classe, il terreno solido dei banchi, il cielo di ardesia e gesso, le pareti tappezzate di studenti e domande” (Orporick, Twitter) 

Con lo stop alle attività didattiche in presenza, il ricorso alla tecnologia sta garantendo che la Scuola non si fermi, che si mantenga la relazione tra colleghi e con gli studenti; ma per permettere che non si perda la vocazione prima dell’Istituzione, occorre che tutto questo si inserisca all’interno di una progettazione didattica, avvalendosi di una regia metodologicaIn queste difficili settimane tale ricerca si è orientata verso due particolari significati, che proverò di seguito ad esporre. Da un lato ha sollecitato l’intera comunità educante nel novero delle responsabilità professionali dei docenti a continuare a perseguire il compito sociale e formativo del “fare scuola”, ma “non a scuola” e del fare, per l’appunto, “comunità”, mantenendo dunque viva la realtà di classe, di scuola e il senso di appartenenza, utili a contrastare il più possibile il rischio di isolamento e di demotivazione. Dall’altro lato ha risposto all’esigenza essenziale di non interrompere il percorso di apprendimento, garantendo anche che ogni studente fosse coinvolto in attività significative entro lo stesso percorso, cogliendo l’occasione del tempo a disposizione e delle diverse opportunità offerte dalla didattica a distanza. 

L’apprendimento on line richiede allo studente un’attenzione particolare, dall’altra impone ai docenti una particolare gestione della motivazione e dell’attenzione. Non basta ‘mandare in onda’ la lezione, proporre un surrogato dell’attività che di solito si svolge in aula, ma va studiata una vera e propria sceneggiatura: vanno ricercati e selezionati materiali a supporto da inviare anticipatamente, vanno fornite indicazioni di lavoro precise, è fondamentale il ricorso alla comunicazione sincrona (chat e videocomunicazione) per chiarire i dubbi, discutere e risolvere problemi. Ancor di più in questo momento di isolamento forzato, occorre favorire la cooperazione tra gli studenti e si può ben affermare che il vero valore aggiunto della tecnologia è la possibilità della condivisione. Ritornando alla metafora sopraindicata della sceneggiatura, funzionano metodologie didattiche quali il cooperative learning, dove l’insegnante assume un ruolo di facilitatore ed organizzatore delle attività, strutturando “ambienti di apprendimento” in cui gli studenti, trasformano ogni attività di apprendimento in un processo di “problem solving di gruppo”, conseguendo obiettivi la cui realizzazione richiede il contributo personale di tutti. Sotto la guida del regista gli studenti sviluppano determinate abilità e competenze sociali, intese come un insieme di “abilità interpersonali.

Se nei primi momenti di chiusura delle scuole l’invio esclusivo di compiti poteva essere non solo tollerato ma anche funzionale all’organizzazione successiva, ora,dopo settimane di sospensione delle attività, è necessario e doveroso mutare la definizione delle attività DaD. La didattica a distanza è interpretata da alcuni docenti come mera assegnazione di pagine da studiare, con l’invito a eseguire i relativi compiti in vista di una verifica e gli studenti faticano a gestire in autonomia argomenti nuovi, senza opportuna spiegazione, senza essere introdotti, accompagnati e soprattutto appassionati. Va da sé che anche l’eseguire i compiti senza agganci cognitivi chiari diventa una difficoltà. Se i docenti inoltre non concordano con cura i compiti assegnati e le attività della giornata, il carico per i ragazzi può diventare insostenibile e, peggio ancora, demotivante. In queste settimane di sperimentazione delle scuole sulla Didattica a distanza, che ha visto interi Collegi dei docenti mettersi in gioco per garantire il percorso formativo con le nuove modalità, è stata necessaria una guida assidua dei Dirigenti scolastici per dare unitarietà e coerenza alle proposte e scegliere con cura le piattaforme per le lezioni in sincrono, le videoregistrazioni e gli spazi in cui gli studenti hanno potuto trovare i materiali di studio ed interagire con gli insegnanti. Ma se già in presenza non si può talvolta negare la fatica nell’organizzazione e nella gestione dei materiali e del diario settimanale, ancora di più questa si sente “a distanza” e sia docenti che alunni manifestano spesso disorientamento e capacità relative nella proposta e fruizione delle attività didattiche.Il regista agisce opportunamente se conosce bene i suoi alunni, se ha stabilito già una relazione solida, magari di qualche anno, se ha saputo farsi valere per autorevolezza, per competenze professionali e personali. Ma questo non sempre avviene e la Scuola deve andare avanti comunque, avendo tutti la mente volta verso il ritorno tra i banchi, al suono della campanella.

Non voglio negare che in situazioni specifiche quale l’attuale emergenza possano essere necessarie iniziative di “Pronto soccorso” da parte di docenti e Istituti che rendono disponibili materiali e lezioni in forma online, ma ciò deve costituire un’integrazione a supporto della didattica in presenza e non sostituirla in toto. Peraltro chiunque conosca le modalità dell’e-learning, anche per adulti, sa che la realizzazione più efficace di essa è quella mista (blended learning), che prevede momenti chiave, fondamentali, in presenza. Discutiamo, confrontiamoci, studiamo le modalità migliori con gli esperti… Ma garantiamo la riapertura delle scuole almeno a settembre. Abbiamo imparato che la didattica a distanza permette l’orientamento a nuovi scenari educativi, lo sviluppo ed il rafforzamento di competenze specifiche, ma non può che essere complementare ad un’attività che, per ottemperare alla Maieusis socratica, deve “educare” incontrando le menti, gli occhi e il cuore.

“La scuola vera è in presenza, in sede, A SCUOLA!” (Gabriele Toccafondi, membro commissione cultura).

*Professoressa IIS “B.CELLINI” FI, Docente utilizzata su Progetti Nazionali presso USR Toscana