Per l’istruzione si spende poco in periferia

La spesa pubblica non è soltanto quella delle Amministrazioni centrali.

Anche sul territorio le Amministrazioni pubbliche fanno la loro parte, soprattutto da quando il decentramento e il trasferimento di funzioni dalla fine degli anni ’90 hanno spostato gli impegni di spesa da Roma alla periferia.

Nel 1990 la spesa complessiva delle Amministrazioni pubbliche locali era pari a poco più di un terzo della spesa pubblica generale (35,4%); dalla fine degli anni ’90 ha cominciato a salire fino ad arrivare nel 2008 a sfiorare la metà complessiva di tutta la spesa pubblica (49,2%).

Anche la spesa per l’istruzione si è ripartita tra Amministrazione centrale e Amministrazioni locali in modo analogo, cioè con decentramento verso il territorio, ma con ben altra incidenza rispetto all’andamento complessivo.

La spesa per l’istruzione a carico delle Amministrazioni locali è passata, infatti, dal 22,8% del 1990 al 27,5% del 2008: poco meno di 5 punti di variazione percentuale verso il decentramento di spesa.

E come hanno indirizzato le risorse verso il sistema formativo? Nel 1990 le Amministrazioni locali indirizzavano l’8,7% del totale a loro disposizione, nel 2008 l’8,1%. Ma quel che colpisce è che esse avevano raggiunto tra il ’94 e il ’97 circa l’11%. Negli anni a seguire l’incidenza della spesa per l’istruzione sulla spesa totale delle Amministrazioni locali si è dunque ridotta del 3%: un’enormità.

Dei 38.335 milioni di euro per la spesa pubblica complessiva per l’istruzione del 1990, 29.607 erano stati a carico dell’Amministrazione centrale e i restanti 8.728 a carico di quella locale; nel 2008 l’Amministrazione centrale ha avuto una spesa di 52.050 milioni di euro, mentre quella locale soltanto 19.451 milioni.

Il rapporto della spesa per l’istruzione, come si vede, resta fortemente spostato al centro, a causa soprattutto del peso della spesa corrente prevalentemente costituita dagli stipendi del personale. Il federalismo scolastico, per il momento, può attendere.