Pedofilia: quando gli ispettori ministeriali non servono. Anzi…

Il caso di Rignano ha fatto tornare di attualità il problema dei pedofili nella scuola, casi pur rari ma che a volte si verificano, perché, dove vi sono bambini, l’attrazione perversa è più forte e attira persone senza scrupoli che da bidelli o da insegnanti, purtroppo, “ci provano”.
Quando le cronache si occupano di episodi di pedofilia che si verificano in ambienti scolastici, la prima domanda è sempre quella: cosa ha fatto la scuola per evitarli o per reprimerli? cosa ha fatto il capo d’istituto? Come si è comportata l’amministrazione scolastica?
Ci si aspetta quasi sempre una punizione esemplare, un provvedimento disciplinare, un allontanamento, un trasferimento ad altra sede (dove il pedofilo, o presunto tale, può continuare a insidiare e a delinquere).
L’amministrazione scolastica manda ispettori a verificare, ad indagare, a controllare, come se la questione della pedofilia debba essere trattata alla stregua di uno scarso rendimento scolastico, di una incapacità ad insegnare, di un conflitto tra insegnanti.
E, spesso, quelle indagini amministrative, affidate a persone con competenze valide in tutt’altro campo, rischiano di compromettere le situazioni, determinano difese e comportamenti accorti da parte dei colpevoli, ottenendo, caso mai, l’effetto contrario a quello voluto.
Le ispezioni dell’amministrazione scolastica, in questi casi, sono inadeguate e, a volte, controproducenti nell’attivare indagini che richiedono ben altro tipo di competenza e modalità di accertamento. Da affidare, piuttosto, ad organi di polizia. Reati come la pedofilia non rientrano nel campo di competenza di un dirigente o di un direttore generale dell’amministrazione scolastica.
Se, insomma, i genitori segnalano episodi o fondati sospetti di pedofilia, l’ispettore da chiamare è quello di polizia.