Anche per le paritarie suona la campanella del primo giorno di scuola?

Scuole paritarie e comunicazioni ufficiali del Ministero dell’Istruzione non sembrano andare d’accordo. Ultima dimostrazione: in occasione del primo giorno di scuola, iniziato in diverse regioni, il ministero dell’istruzione ha fornito dati puntuali, esatti all’unità, del numero di alunni, delle classi e degli alunni con disabilità, regione per regione, con cui si apre il nuovo anno scolastico, il primo della liberazione (si spera) dalla pandemia. Anche il ministro Bianchi, nel rilasciare le dichiarazioni di rito per l’inizio del nuovo anno scolastico, ha fornito altri dati sull’avvio delle lezioni, come, ad esempio, quelli sul pesante calo di alunni registrato negli ultimi anni. Tutti quei dati, però, corrispondono soltanto a circa il 90% dell’intero sistema integrato d’istruzione che, da oltre vent’anni, comprende sia le scuole statali che quelle paritarie. Tuttoscuola ha fornito i dati completi del sistema di istruzione, con una analisi dell’andamento delle iscrizioni negli ultimi dieci anni che è possibile visionare cliccando qui.

L’articolo 1 della legge 62/2000 – Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione – prevede infatti: “Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali”.

Le scuole paritarie non sono certamente uno zero virgola o poco più; oltre ai 7 milioni e 300 mila alunni delle statali vanno infatti computati circa 720 mila alunni delle paritarie.

E per quei 720mila alunni, ignorati nelle comunicazioni ministeriali, ci sono, non citati, circa 36 mila classi e circa 60 mila docenti che nel loro insieme rendono operanti e tuttora attive 12 mila scuole paritarie.

Non è la prima volta – e probabilmente non sarà nemmeno l’ultima – che questa parte minoritaria, ma consistente, del nostro sistema integrato di istruzione viene dimenticata nelle comunicazioni ufficiali del ministero dell’istruzione.

Si tratta, ancora una volta, di un’omissione probabilmente non intenzionale, ma che comunque conferma tuttora la sopravvivenza di talune riserve culturali verso il privato che ha intaccato l’univocità del sistema statale.    

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