Occupazioni: ora basta

Il Prof. Corradini interviene su un fenomeno ormai rituale per la scuola italiana. Il dibattito è aperto

di Luciano Corradini

Se intervengo sull’argomento delle occupazioni/autogestioni è perché ho l’impressione che l’opinione pubblica e soprattutto le figure responsabili della società civile e politica, prese da altre difficoltà e da altre emergenze, si siano rassegnate ad alzare le mani di fronte a queste manifestazioni, che appaiono come fastidiose influenze stagionali, che non richiedono neppure gli antibiotici, perché passano da sole. Non sono d’accordo con queste diagnosi minimaliste. Intanto comincerei a chiamare le cose col loro nome. Si tratta di atti illegittimi di interruzione di pubblico servizio. Questo linguaggio giuridico non è stato ben compreso neanche da uomini di legge e da tutori dell’ordine, che talora si accontentano che la segreteria sia accessibile dall’esterno e che gli occupanti siano studenti, per dire che tutto va bene, o quasi.

Quello che sconcerta è che l’istituzione alla quale troppi si ribellano, a mio modo di vedere in nome di fantasie ingenue e rozze, è la scuola dell’autonomia di recente costituzionalizzata (legge 3/2001), che ha lottato da almeno quarant’anni per avere prima le assemblee riconosciute per legge, poi la direttiva sulle attività integrative e complementari (dpr 567/1996), lo statuto delle studentesse e degli studenti (dpr 249/1998) e l’autonomia didattica e organizzativa (dpr 275/1999). Queste norme autorizzano ogni flessibilità e ogni riconoscimento di diritti, anche di quelli che in passato sembravano pii desideri, richiedendo in cambio il rispetto di pochi doveri, tra cui quello di “frequentare regolarmente i corsi ed assolvere assiduamente agli impegni di studio” quello di avere “nei confronti del capo d’istituto, dei docenti e dei loro compagni, lo stesso rispetto, anche formale, che chiedono per se stessi” e quello di usare correttamente la scuola, in quanto “condividono la responsabilità di rendere accogliente l’ambiente scolastico e averne cura, come importante fattore di qualità della vita scolastica”(art.3 dpr 249).

Sono l’ignoranza e l’incomprensione di questi livelli di civiltà e di diritto che impressionano. Credo che si debbano ricostruire tanti paesaggi interiori di giovani, che risultano aridi o devastati. Cioè occorre più scuola, ma anche miglior scuola. Che intanto deve esistere e funzionare, non prestarsi a fare lo zimbello di ragazzi viziati, prepotenti, o comunque disinformati. Quand’ero sottosegretario ricevetti un gruppo di studenti che mi presentò, per un liceo romano, la stessa situazione descritta dai ragazzi dl Parini, chiedendomi di far rispettare la legge, che nel ‘96 non era ancora tanto generosa come oggi.

Rimasi allibito nel vedere lo sfacelo di un liceo, in tempo di pace. Avvertii il Questore, pregandolo di intervenire nel modo più fermo e più garbato possibile, in tempi brevi. Così è stato. Una madre avvocatessa venne a protestare. Disse che mi avrebbe chiamato a rispondere in tribunale perché avevo osato far interrompere una legittima occupazione. Le consegnai un libro che riprendeva lo slogan cantato dagli studenti in occasione della Conferenza nazionale del Progetto Giovani: “Essere scuola, non esserci solo dentro”. Il Tribunale non mi chiamò. I danni di centinaia di milioni non li hanno certo pagati i ragazzi occupanti e guastatori, né le famiglie. Anche quelli morali, ancora più gravi, sono a carico dell’intera società. Quella di domani, quella che dovrà occuparsi dei diritti di persone purtroppo non formate a capire che ciò che li rende più felici e più degni non è l’arbitrio, neanche votato a maggioranza, ma il riconoscimento dei propri doveri.

Luciano Corradini
(Università di Roma3. Presidente nazionale UCIIM)