Obbligo dell’aggiornamento: infranto un tabù

La previsione di attività di formazione obbligatoria del personale scolastico, contenuta nel testo iniziale del decreto legge 104, aveva provocato la ferma reazione di una parte del sindacato della scuola che, contratto alla mano, ricordava a tutti (e al mondo politico in particolare) che per gli insegnanti la formazione in servizio (aggiornamento) era un diritto, non un obbligo.

E’ vero che purtroppo, soprattutto negli ultimi lustri, l’aggiornamento è stato soprattutto un diritto negato, perché di fondi per l’aggiornamento se ne sono visti pochi, e di iniziative valide promosse dal Miur ancora meno. Ma diciamo la verità: quella presa di posizione è sembrata un po’ stonata, quasi una battaglia di retroguardia che difficilmente avrebbe fatto presa anche su quella parte politica più vicina al mondo sindacale. Anche perché cosa vorrebbe dire? Che se un docente decidesse di non avvalersi di quel “diritto”, sarebbe accettabile che insegnasse per trenta e più anni senza aggiornarsi? E’ questa la scuola che vogliamo? Quel che vale per medici, notai, commercialisti, tecnici e per tante altre professioni non deve valere per gli insegnanti?

Ma torniamo all’attualità politica. Prima che cominciasse alla Camera la discussione per la conversione in legge del decreto, l’appello sindacale era stato sì raccolto da alcuni esponenti politici soprattutto della sinistra. Ma in sede di conversione del decreto legge, l’art. 16 relativo alla formazione del personale scolastico è stato emendato in varie parti senza, però, che venisse modificata proprio la parte relativa all’obbligo di formazione. Anzi, tale previsione è stata ulteriormente puntualizzata, prevedendo che vi sia “attività di formazione e aggiornamento obbligatori del personale scolastico”.

A dire il vero, il primo comma di quell’art. 16 sembra non generalizzare tale obbligo per tutto il personale scolastico, in quanto recita così: “Al fine di migliorare il rendimento della didattica, con particolare riferimento alle zone in cui è maggiore il rischio socio-educativo, e potenziare le capacità organizzative del personale scolastico”.

Il “particolare riferimento” sembra riguardare i docenti delle aree a rischio socio-educativo, ma il potenziamento delle capacità organizzative riguarda tutti. Piaccia o no, è stato comunque infranto il tabù del non obbligo dell’aggiornamento.

A meno che, all’italiana, ci si accontenti del principio affermato ma non praticato, complice anche la ridotta quota di risorse finanziarie (10 milioni di euro solo per l’anno 2014) messa a disposizione.