Obbligo a 15 anni/3. L’apprendistato è la via giusta per risolvere il problema della dispersione?

Il ministro del lavoro e delle politiche sociali Sacconi, intervistato da una TV nazionale sulla proposta relativa all’apprendistato a 15 anni come terza via per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, ha motivato questa scelta con la necessità di contrastare la grave dispersione scolastica, dopo la scuola media, di cui soffre il nostro Paese.

Ha parlato di almeno 120 mila ragazzi che abbandonano qualsiasi percorso formativo o scolastico, senza disporre di competenze adeguate e minime per entrare nel mondo del lavoro. L’ipotesi di un ritorno all’apprendistato per i 15enni, secondo le sue considerazioni, comporterebbe, tuttavia, una drastica revisione di tale istituto, prevedendo un maggior spazio alla formazione.

L’obiettivo di contrastare o prevenire la dispersione è certamente condivisibile. C’è, tuttavia, da chiedersi se sia l’apprendistato, rivisto e corretto, lo strumento appropriato per conseguire quell’obiettivo.

Quando la Finanziaria 2007 aveva reintrodotto l’innalzamento dell’obbligo di istruzione che già la legge 9/1999 di berlingueriana memoria aveva inserito in ordinamento ma che la legge 53/2003 di matrice morattiana aveva abrogato, si fece attenzione ad evitare soluzioni massimalistiche e si accompagnò quel nuovo innalzamento dell’obbligo con un dispositivo che cercava contemporaneamente di prevenire e contrastare proprio la prevedibile dispersione. Vennero, infatti, previsti percorsi e progetti a livello regionale “in grado di prevenire e contrastare la dispersione e di favorire il successo nell’assolvimento dell’obbligo di istruzione”.

Non era facile mettere in atto quei percorsi e quei progetti e, soprattutto, trovare i soggetti adatti a praticarli. Si trattava di una sfida che non ebbe nemmeno il tempo per essere avviata perché l’articolo 64 della legge 133/2008 di razionalizzazione del sistema di istruzione abrogò completamente quel passaggio, annullando il ricorso a “progetti e percorsi”.

Erano strumenti troppo impegnativi? Meglio, dunque, ripiegare sull’apprendistato? Ma quale modello di apprendistato?