Nuovi organi collegiali: cosa cambia rispetto ai decreti delegati del ’74
Il modello di governo della scuola delineato nella legge approvata in prima lettura dalla Commissione Cultura della Camera lo scorso 21 febbraio riserva alla componente dei genitori un peso assai maggiore di quello assegnatole in passato dal decreto delegato n. 416, emanato nel 1974 dal ministro Malfatti. È vero che non sarà più un genitore a presiedere il Consiglio della scuola, la cui guida sarà assunta dal dirigente scolastico, ma è anche vero che quest’ultimo non potrà più presiedere la giunta esecutiva (ora soppressa), che era il vero organo di gestione operativa della scuola.
Inoltre, nel Consiglio egli non potrà più contare su una maggioranza di “addetti ai lavori”: nel nuovo organo, infatti, i genitori dovrebbero occupare 5 posti su 11 nella scuola di base (contro 3 riservati ai docenti) e 3 nella scuola secondaria (come i docenti, ma con 2 posti riservati agli studenti). Considerato che la legge assegna un posto al rappresentante dell’ente locale, nell’organo di governo della scuola i rappresentanti dell’utenza supererebbero quelli della scuola (6 contro 5: dirigente più direttore dei servizi amministrativi più insegnanti).
Usiamo il condizionale perché su questo punto sono affiorate riserve ed anche espliciti dissensi in seno alla maggioranza di governo ed è probabile che il Senato modifichi la norma, restituendo agli “interni” la maggioranza dei posti all’interno del Consiglio. I tempi per un radicale spostamento del governo della scuola dal versante dell’offerta (dirigenti, insegnanti, organizzazione centrale e periferica del Ministero) a quello della domanda (genitori, studenti, enti locali) non sembrano ancora maturi: elevato appare, a molti, il rischio di frammentare troppo l’offerta formativa in chiave localista, con conseguenze pericolose sull’omogeneità ed equità del sistema nazionale di istruzione e formazione.
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