Nuove Indicazioni Nazionali. Fiorin: ‘Meglio le vecchie’. Cosa faranno le scuole?

Dopo una breve, anche se intensa, fase di dibattito pubblico sulle nuove Indicazioni Nazionali (che entreranno in vigore dal 2026-2027), concentratasi sul ruolo dell’insegnamento della Storia ai fini della costruzione di una più forte identità nazionale e “occidentale” a partire dai programmi scolastici della scuola primaria – come spiegato da Ernesto Galli della Loggia, editorialista del Corriere della Sera ma anche docente universitario di Storia contemporanea – il tema è quasi sparito dall’attualità, soverchiato da altre problematiche che hanno coinvolto le scuole e gli studenti, come le drammatiche vicissitudini della Palestina.

Ma su che cosa effettivamente accadrà da settembre 2026 nelle aule delle scuole primarie italiane, in termini di innovazione dei contenuti e dei metodi dell’insegnamento della Storia (ma anche dell’Italiano e di altre materie) non c’è alcuna certezza perché anche dal punto di vista formale le “Indicazioni”, per quanto nuove, resteranno tali, e spetterà dunque ai docenti trasformarle in curricoli, piani di studio. Bisognerà vedere inoltre se e che fino a che punto il ministro Valditara vorrà modificare il testo per recepire, almeno in parte, le molte osservazioni critiche ad esso mosse dal Consiglio di Stato, che ha sospeso il suo parere (obbligatorio ma non vincolante) in attesa delle modifiche eventualmente apportate al testo già pubblicato.

Di queste incertezze, e di alcune delle principali riserve emerse nei mesi scorsi, si è fatto interprete il professore Italo Fiorin, già coordinatore delle precedenti Indicazioni fin dalla loro prima definizione risalente al 2007.

In un ampio intervento, pubblicato sulla sua pagina Facebook, Fiorin sostiene che “siamo di fronte non a una riscrittura di un testo pur autorevole, come dovrebbe essere quello delle Indicazioni, ma al tentativo di riscrittura della cultura pedagogica del nostro Paese”, che “muove da tre grandi ossessioni: 1. L’ossessione Occidentale’, “la convinzione cioè che alla civiltà occidentale sia intrinseca una “obiettiva” (!) superiorità morale che rende tout court universale i suoi valori”; 2. L’ossessione Identitaria, che “porta a curvare la didattica in funzione della costruzione di questo cittadino ‘italiano-occidentale’ ideale, al punto da snaturare certi insegnamenti, come accade soprattutto alla storia, disciplina che offre la chiave per scoprire l’anima retorica e nazionalistica dell’intera operazione”; 3. L’ossessione Autoritaria, perché “la didattica della nuova pedagogia ministeriale è trasmissiva”. Essa, dice Fiorin citando il documento del CSPI (che nella riunione del 10 ottobre ha ricordato Paola Serafin, con l’intervento dei vertici del Ministero), “contraddice non solo la funzione docente – come delineata dalla normativa – ma limita e comprime la ricchezza delle competenze che a detta funzione si riconnette. La conoscenza meccanicamente memorizzata e restituita ha, tra l’altro un impatto residuale sul processo di maturazione delle competenze, poiché di fatto non è una vera ‘conoscenza’, ma si configura come una semplice nozione o informazione.

Si può fare qualcosa, si chiede Fiorin? “Certo, si può fare molto. E, sembrerebbe sorprendente, lo si può fare non andando contro la normativa, ma pienamente rispettandola”, perché “le Istituzioni scolastiche sono autonome e la legge che riconosce questa autonomia è di rango costituzionale.

“Le istituzioni scolastiche hanno tutta la possibilità di ‘compensare’ i limiti delle nuove Indicazioni, senza doversi molto preoccupare dei numerosi aspetti che non condividono, perché questi riguardano non la parte prescrittiva del testo (che deve limitarsi alle finalità generali e alle competenze) ma quel ‘di più’ esortativo, di raccomandazione, di suggerimento, che non si è affatto tenuti a seguire”.  

La conclusione è tranchant: “Il ministro Valditara tira dritto? E perché le scuole non possono fare altrettanto?”.

Questa problematica è affrontata in modo approfondito nel numero di settembre di Tuttoscuola che contiene, oltre a una ampia analisi dello stesso Fiorin (dal titolo: “Indicazioni e curricolo: tra prescrittività e autonomia”), due articoli di Stefano Stefanel su come concretamente gli insegnanti possono integrare le nuove Indicazioni nei curricoli delle scuole.

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