Nei giorni scorsi la Camera ha iniziato la trattazione di una proposta di legge finalizzata a modificare una norma sulla cittadinanza per gli stranieri (legge 92/1991).
Nel progetto di legge n. 525 (Marazziti-Santerini) c’è il cosiddetto Jus culturae cioè accanto allo jus sanguinis e allo jus soli puro viene introdotta l’idea che l’acquisizione della cittadinanza sia legata all’istruzione.
Rispetto allo ius sanguinis (acquisizione della cittadinanza per nascita da un genitore italiano), viene proposto sia il principio dello ius soli temperato (cittadinanza per nascita da genitori già stabilmente soggiornanti) sia quello dello ius culturae (prevedendo l’acquisizione non tardiva della cittadinanza per i bambini e ragazzi nati all’estero, ma la cui formazione culturale avvenga in Italia).
Insomma la cittadinanza non si eredita per sangue ma nemmeno è automatica. Dato che consiste nell’esercizio dei diritti e doveri legati alla cittadinanza allora occorre acquistare gli strumenti per esercitarla: appunto, la cultura, l’istruzione e quindi la scuola.
Questo è il senso dello “jus culturae”. Di conseguenza nel testo unificato scaturito in Commissione è stato previsto che i minori che entrano in Italia prima dei 12 anni debbano frequentare regolarmente almeno 5 anni di scuola.
“Il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età che, ai sensi della normativa vigente, ha frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale, acquista la cittadinanza italiana”.
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