Non di sole riforme vive l’uomo di scuola

Il ministro Moratti ha lasciato una ingombrante eredità di riforme. Che farne? Cosa salvare e cosa buttare? Il neo ministro Fioroni ha parlato di disastri lasciati dal centro destra; il viceministro Bastico, pur parlando di modifiche necessarie da apportare all’eredità Moratti, ha evitato di indicare cosa e quanto modificare, rinviando ogni risposta ai fatti dopo la consultazione della scuola.

Ma nelle responsabilità di chi è stato preposto alla “Minerva” non c’è soltanto il dossier “riforme” da sfogliare, perché non di sole riforme vive l’uomo (e la donna) di scuola.
C’è, ad esempio, il problema, urgente e pesante, del personale scolastico.
La stabilità del personale, la sua qualificazione professionale e il riconoscimento (giuridico ed economico) del suo ruolo nello sviluppo della società sono certamente fondamentali per la riuscita di qualsiasi riforma (oltre al fatto, dice una massima rabbinica, che qualsiasi riforma deve essere condivisa dalla maggioranza di coloro che la devono mettere in atto).

Oltre al problema del precariato che, tra interventi immediati (settembre è vicino) e prossimi, riguarda in prospettiva la stabilizzazione di circa 200 mila persone, c’è già il rinnovo del contratto (scaduto da cinque mesi) che bussa alle porte.

Il governo precedente ha accantonato le risorse finanziarie minime per pagare simbolicamente l’indennità di vacanza contrattuale, ma occorreranno per la prossima finanziaria ben altri fondi per avviare quel percorso virtuoso che dovrebbe dare un’alternativa forte alla professionalità docente, prevedendo un contratto dalle logiche diverse da quelle del passato.

Soldi, molti soldi e riconoscimenti giuridici, chiedono i sindacati. Se nel prossimo Dpef non se parlerà in funzione del rinnovo contrattuale, gli insegnanti rischiano altri 4 anni di attesa.