No al decreto. Anzi, no alla legge

La parola d’ordine nel centrosinistra è “no al decreto“, ma per la grande maggioranza dei presenti l’obiettivo è un altro, più ambizioso: no alla riforma Moratti. Lunedì 12, dalle 13 alle 15.30, si è svolto in una sala attigua al Parlamento l’annunciato incontro dei comitati, coordinamenti, associazioni degli insegnanti e dei genitori, movimenti spontanei vari, con i parlamentari dei partiti del centro-sinistra, tra i quali Alba Sasso e Chiara Acciarini dei DS, il sen. Bergonzi dei Comunisti italiani, Titti De Simone di Rifondazione comunista, Albertina Soliani della Margherita e Maria Rosaria Manieri dello SDI. Hanno partecipato all’incontro, prendendo la parola, anche alcuni sindacalisti: Enrico Panini della CGIL scuola, e Silvana De Luca dello SNALS (accolta peraltro dalla platea con una certa diffidenza). Non sono intervenuti rappresentanti della CISL e della UIL.

Si è così aperta la settimana di passione dei movimenti, che culminerà nella manifestazione nazionale di sabato 17 a Roma “in difesa della scuola pubblica” (ore 14, da piazza della Repubblica). Alla fine dell’incontro un applauso di soddisfazione, ma anche un po’ liberatorio, ha accolto l’annuncio, dato dalla sen. Acciarini, della adesione ufficiale dei gruppi parlamentari di tutto il centro-sinistra alla manifestazione di sabato. Fino a quel momento l’incontro si era svolto in un clima di attesa un po’ nervosa, non priva di qualche punta polemica dei movimentisti più convinti verso i parlamentari, sospettati da alcuni dei presenti di non aver combattuto con la necessaria energia contro la riforma, e ora contro il primo decreto legislativo di attuazione, all’esame delle Commissioni della Camera e del Senato.

La linea nettamente prevalente tra i partecipanti, giunti da tutta Italia, è stata quella di chiedere il ritiro del decreto, non la sua modifica, e comunque la sua disapplicazione “dal basso“, nelle scuole, nel caso che il governo decida di andare avanti egualmente (il 19 gennaio scadono i due mesi di tempo che la legge lascia alle Commissioni perché esse formulino il previsto parere). L’idea è quella di difendere il modello tradizionale di “tempo pieno“, e “prolungato“, e di resistere alle innovazioni in tutti i modi, fino al 2006. Per poi “cancellare” la riforma Moratti. Nessuna concessione è stata fatta a quella parte della sinistra (i riformisti, ma anche D’Alema e Amato) che cerca una qualche forma di dialogo bipartisan sulle strategie riformatrici. E l’appello della sen. Manieri (SDI) a sfruttare politicamente i dissensi che affiorano in seno alla maggioranza (UDC, parte di Forza Italia e di AN) è sostanzialmente caduto nel vuoto.

Ma quali sono le prospettive? Quale modello di scuola la sinistra proporrà nel 2006, se vincerà le elezioni? Basterà “azzerare” la Moratti, per tornare magari a Berlinguer? Se lo sono chiesto in molti tra i partecipanti all’incontro, ma nessuno ha tentato di rispondere, forse anche per evitare l’emergere di contrasti. L’unità dell’opposizione, almeno per ora, sembra trovarsi soprattutto nell’essere “contro” (la Moratti, Berlusconi).