Napolitano nomina i ‘saggi’: parleranno anche di scuola?

“In cerca di governo” era il titolo del commento che la Newsletter di Tuttoscuola dedicava la scorsa settimana alla complessa situazione politica determinatasi nel nostro Paese a seguito delle elezioni del 24-25 febbraio.

Dopo una settimana la ricerca continua. Ma, conclusosi infruttuosamente il tentativo del segretario del Pd Pierluigi Bersani di formare un governo stabile, come gli aveva chiesto il presidente Napolitano, la ricerca procede in una forma assolutamente singolare, senza precedenti. Dieci ‘saggi’, nominati dallo stesso Napolitano con criteri di ampia rappresentatività politico-culturale, lavoreranno alla definizione di un programma da condividere “su essenziali temi di carattere istituzionale e di carattere economico-sociale ed europeo” in attesa che maturino le condizioni per formare un governo, mentre nel frattempo continuerà ad operare l’esecutivo Monti, “tuttora in carica”, ricorda il Presidente, “benché dimissionario e peraltro non sfiduciato dal Parlamento”.

Una formula anomala, una specie di governo ombra a metà strada tra il tecnico e il politico, che rimette di fatto la nomina del prossimo presidente incaricato al successore di Napolitano e nel frattempo individua alcuni interventi urgenti in campo economico e istituzionale sui quali potrebbero determinarsi ampie convergenze parlamentari (“che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche”, sono le esatte parole del Presidente).

E’ piuttosto improbabile, al di là di affermazioni di principio, che tra gli “essenziali temi” su cui lavoreranno i dieci saggi, divisi in due gruppi, ci siano anche quelli che riguardano l’educazione, con l’eccezione, forse, dell’area della ricerca. Non se ne occuperà verosimilmente il gruppo di quattro ‘saggi’ che lavorerà sulle questioni istituzionali, mentre potrebbe affrontare il tema l’altro gruppo di sei, che tratterà le questioni economico-sociali ed europee e che comprende tecnici come Enrico Giovannini, presidente dell’ISTAT e Salvatore Rossi, del direttorio della Banca d’Italia, che ben conoscono la rilevanza strategica degli investimenti in istruzione e ricerca.

Il ministro Profumo, che dopo le dimissioni del governo Monti ha sfoggiato un notevole attivismo, avrà peraltro ancora un po’ di tempo per ‘oliare’ ulteriormente il sistema con i molti e importanti provvedimenti che potrà comunque assumere pur nella sua condizione di ministro di un governo dimissionario. Ma “tuttora in carica” e “non sfiduciato dal Parlamento”, come il presidente Napolitano ha tenuto a rimarcare.