Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Multiculturalismo e scuole islamiche: la via lombarda/2

Per noi italiani si tratta di una novità, destinata a suscitare polemiche (la Lega ha già protestato duramente in seno alla Regione Lombardia, parlando di “falsa integrazione“). Ma anche tra i nostri vicini francesi, che hanno a lungo e da più tempo vissuto vicende analoghe, la questione suscita appassionati dibattiti, anche se la recente legge voluta dal presidente Chirac riafferma il primato della scuola pubblica e delle sue regole, ammettendo in classe solo “simboli discreti” di appartenenza religiosa.
Il fatto è che in Francia succede proprio quello che la sperimentazione lombarda cerca di evitare: la fuga dalla scuola, soprattutto dalla scuola pubblica, e l’aggregazione di molti giovani islamici in circuiti associativi esterni al mondo della scuola, tendenti all’isolamento e alla accentuazione identitaria della propria diversità culturale e religiosa.
Tornando a Milano, questa esperienza di “convivenza paritaria tra diversi” favorisce il riconoscimento reciproco, fa emergere la positività e la necessità della intersoggettività piuttosto che il marchio della separatezza?
La riflessione di cosa debba intendersi nell’ambito della scuola per “dialogo tra culture” non può prescindere dall’analisi delle esperienze, dei gesti, dei comportamenti e delle espressioni che costruiscono i legami sociali (e delle istituzioni attraverso le quali si producono).
Nell’iniziativa di costituire una classe di studenti di religione islamica, che sconvolge i tradizionali approcci al problema interculturale, si affievolisce l’idea di una scuola come tempo e luogo del confronto tra esperienze diverse, la costante preoccupazione per ciò che fonda e produce i legami sociali.
Viceversa il filo conduttore di ogni iniziativa di integrazione deve essere la preoccupazione di come si possa tener insieme la garanzia dell’eguaglianza e il rispetto per le differenze di ciascun individuo.

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