Movimenti per lo sciopero, ma sindacati e partiti frenano

Costituire un comitato nazionale “Fermiamo la Moratti“, sul modello del comitato “Fermiamo la guerra“. Bloccare il Decreto legislativo sul primo ciclo con tutti i mezzi: ricorsi a tutti i livelli (dalla Corte Costituzionale alla Corte dei Conti), delibere dei Collegi e POF che non tengano alcun conto delle novità contemplate nel decreto. E inoltre mobilitazione permanente e iniziative varie, volte a “comunicare” il dissenso, dall’impiego massiccio di Internet all’attraversamento continuo delle strisce pedonali.

Queste alcune delle proposte formulate nell’incontro svoltosi a Roma il 3 febbraio scorso, nella prestigiosa e affollata sala della Sacristia della Camera dei deputati. Protagonisti i coordinamenti per la difesa del “tempo pieno“, punta di lancia del movimento anti-Moratti nato nelle e attorno alle scuole per prevalente iniziativa di gruppi di genitori.

Come nella precedente occasione (12 gennaio 2004) i coordinamenti, insieme agli altri movimenti, associazioni e sindacati, sono stati ospitati dai gruppi parlamentari dell’opposizione (questa volta però mancava il rappresentante dello SDI), molto interessati a mantenere un filo diretto con queste espressioni della “società civile” antigovernativa, ma anche preoccupati di non riuscire a dare uno sbocco politico alla protesta. Il che avviene, hanno riconosciuto i “politici” intervenuti, anche perché manca un chiaro e organico disegno alternativo a quello del Governo. Su questo tema saranno presto decise apposite iniziative.

In imbarazzo i sindacati (sono intervenuti CGIL e CISL), ai quali alcuni rappresentanti dei movimenti hanno chiesto di trasformare la manifestazione nazionale già indetta per il 28 febbraio in sciopero generale, e non solo della scuola. Molto dipenderà, hanno detto, dall’esito dell’incontro con il Ministro già in calendario per il 5 febbraio. Ma i sindacati saranno disponibili ad annegare il proprio ruolo di agente negoziale nel mare di una protesta di questo tipo? E i partiti dell’opposizione (salvo, forse, Rifondazione comunista) intenderanno correre il rischio di apparire come soggetti al continuo inseguimento dei movimenti?