Maturità 2023/2. Come potrebbe essere una maturità ‘personalizzata’

Non ci inventiamo nulla: proviamo a mettere insieme le dichiarazioni più volte rilasciate dall’attuale ministro Valditara con alcune considerazioni e suggerimenti contenuti in analisi, progetti e commenti prodotti da Tuttoscuola negli ultimi anni in materia di riforma dell’istruzione secondaria superiore, di valutazione e di esami.

Per quanto riguarda il ministro facciamo riferimento a quanto contenuto nel capitolo “Scuola e formazione” del volume “L’Italia che vogliamo”, scritto insieme a Alessandro Amadori alla vigilia delle elezioni dello scorso 25 settembre 2022: occorre passare “dalla logica del ‘diplomificio’ a un modello di formazione scolastica che privilegi lo sviluppo individualizzato dei talenti e delle corrispondenti competenze” e che “non lasci indietro nessuno”. Affermazione ripetuta in altre occasioni, e con particolare convinzione nella lettera inviata il 17 aprile 2023 alla Fondazione Kuliscioff e al liceo Carducci di Milano in occasione di un convegno su Giovanni Gentile: “La riforma che ho in mente, a partire dalla scuola del merito, va nella direzione opposta a quella di Gentile. Il merito non è per me selezione elitaria, ma valorizzazione dei talenti di ognuno, personalizzazione dei percorsi, capacità della scuola di tirar fuori abilità e predisposizioni e di valorizzarle, per dare ad ogni ragazzo una chance di affermazione e di realizzazione dei propri sogni, delle proprie potenzialità, delle proprie aspirazioni. Valorizzando i talenti di ciascuno è l’intera società che ne beneficia e non soltanto i più fortunati.

Bene. Siamo d’accordo, e lo abbiamo anche scritto, per esempio nel Manifesto del progetto “La scuola che sogniamo” (2019): “Ci piacerebbe una scuola capace di rispondere ai bisogni e alle esigenze di ciascun alunno, capace di proporre una didattica su misura, quali che siano le differenze che pure caratterizzano ogni aula scolastica, in grado di valorizzare le attitudini e i talenti di ognuno. Una scuola che riconosca la multiformità delle intelligenze, nella quale la diversità, che è sempre sfidante, sappia far scaturire creatività, soluzioni nuove, così che nessuno resti indietro e nessuno si senta fuori posto.  

Fermo restando che una concezione della scuola di questo genere, personalizzata e proattiva, dovrebbe caratterizzare l’intera offerta formativa a tutti i livelli, essa potrebbe riguardare anche la parte finale degli studi secondari superiori consentendo agli studenti, negli ultimi tre anni, di dedicarsi soprattutto alle due-tre materie preferite e concentrando l’esame finale, la “maturità”, su di esse. E perché non sostituire lo screditato diploma con una certificazione (sempre con valore legale, visto il vincolo costituzionale) delle competenze effettivamente acquisite, utilizzando una classificazione del tipo di quelle in uso in Europa per le competenze linguistiche e altre, ma ora anche in Italia nella scuola primaria?

In fondo un modello di riferimento ampiamente collaudato in Europa lo abbiamo già: è quello degli A levels inglesi. Si tratta, per l’Italia, di definire standard e modalità valutative, lasciando un adeguato spazio alla prova orale, che è nella nostra tradizione pedagogica e che offre un valido elemento di valutazione in tempi di cheating tecnologico e di ChatGPT.

Che ne pensa il ministro?

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