Maturità 2015/2. Ma una riforma è urgente

Lo stop and go, e anzi in questo caso il go and stop registratosi sulla vicenda dei commissari d’esame, non significa che ci si debba accontentare dell’esame così com’è, una volta scampato il pericolo di cadere dalla padella nella brace.

Le altissime percentuali di promossi – praticamente le stesse con e senza commissari esterni – la bassa attendibilità del voto finale, che vede i candidati del Nord penalizzati rispetto a quelli del Sud (come Tuttoscuola ha mostrato fin dal suo primo Rapporto sulla qualità nella scuola), la scarsa considerazione nella quale tale voto è tenuto delle università e dai datori di lavoro (salvo le pubbliche amministrazioni), l’antiquata ritualità delle prove attualmente previste, gli inviti delle organizzazioni internazionali (Ocse e UE) a sintonizzare sempre di più i titoli di studio nazionali con le classificazioni internazionali basate su livelli di competenza: tutto questo rende necessario e urgente rivedere in profondità l’attuale modello di esame. Sempre che lo si voglia mantenere, come d’altra parte la nostra Costituzione impone e nessun partito politico (salvo alcuni liberali ‘storici’) ha mai chiesto di sopprimere o di svuotare togliendogli il valore legale.

Va osservato che in effetti, al di là della consapevolezza di chi ha riproposto le commissioni tutte interne, l’esito più naturale e coerente di questa operazione sarebbe stato, almeno in prospettiva, l’abolizione del valore legate del titolo: se sono gli stessi docenti che hanno seguito i candidati, magari per anni, prima ad ammetterli all’esame e poi a ri-valutarli nella veste di commissari, è evidente che l’esame avrebbe un valore tautologico e spetterebbe ad altri, esterni a questo processo (università, datori di lavoro, uffici di collocamento e agenzie del lavoro), valutare l’effettiva preparazione dei diplomati, e non il mero possesso del titolo.