Mamma aggredisce preside: “Mio figlio torni da solo”. Cosa fare in questi casi?

Il preside rifiuta la richiesta di una famiglia con difficoltà ad essere presente al momento dell’uscita da scuola, di far tornare a casa da solo un bambino di otto anni. La mamma dell’alunno lo aggredisce arrivando persino a mettergli le mani addosso. Accade qualche giorno fa in una scuola di Catania, sollevando non poche polemiche. Da una parte, se la scuola avesse acconsentito alla richiesta dei genitori sarebbe potuta andare incontro all’accusa di “abbandono di minore”, dall’altra ci troviamo di fronte a una mamma che per motivi di lavoro non può andare a prendere il proprio figlio a scuola e alla quale è stato vietato pure di far venire l’altra figlia 17enne a prendere il fratellino, in quanto minorenne anch’essa. Cosa deve fare la scuola in questi casi? E la famiglia?

Mamma aggredisce preside – Il parere dell’esperto
La vigilanza sugli alunni è tema o preoccupazione così importante per tutti gli operatori della scuola che l’Avvocatura dello Stato di Bologna, alcuni anni fa, è stata sollecitata a fornire precise indicazioni in merito.

Le indicazioni della Avvocatura – Queste riguardano, in particolare, gli alunni di scuola primaria al momento dell’uscita da scuola e iniziano col dire che la vigilanza, a tutela di questi ultimi, deve essere esercitata dal momento dell’ingresso a scuola sino a quando non venga sostituta – di norma – da quella dei genitori. Né costituiscono esonero di responsabilità della scuola – si aggiunge – le eventuali disposizioni date dai genitori di lasciare – ad esempio – in un determinato luogo i minori, attesa la possibilità, pur potenziale, di eventi dannosi per gli stessi.

Autorizzazione da parte dei genitori? Solo una prova dell’omissione di vigilanza dovuta – E ancora, viene sottolineata la inopportunità di richiedere ai genitori le “autorizzazioni” per il rientro a casa da soli dei minori, con la conseguente formula di esonero di responsabilità della scuola, in caso di incidenti occorsi agli stessi alunni in tali situazioni o circostanze. Viene spiegato, infatti, che le autorizzazioni (cosiddette liberatorie ), in caso di lesioni subite dagli alunni dopo l’uscita da scuola, lungi dal sollevare la scuola dalla responsabilità, possono costituire, per contro, prova della consapevole omissione della vigilanza dovuta.

Mamma aggredisce preside. Il preside di Catania? Si è attenuto all’indicazione dell’Avvocatura – L’Avvocatura chiude il proprio esame rammentando l’obbligo di riaffidare – all’uscita da scuola – i minori ad altri soggetti comunque maggiorenni; soggetti, questi ultimi, dotati della giuridica “capacità di agire” e perciò stesso in grado di tutelare e salvaguardare adeguatamente i minori loro affidati. Potremmo dire che si è attenuto scrupolosamente all’indicazione dell’Avvocatura dello Stato di Bologna questo dirigente scolastico di Catania, aggredito dalla madre per il suo rifiuto di consentire l’uscita da scuola del figlio non accompagnato. Tuttavia.

Il commento del Pubblico Tutore dei Minore del Friuli Venezia Giulia – La disamina della Avvocatura, che ha avuto vasta eco nazionale tra gli addetti ai lavori, ha indotto un commento critico e una diversa soluzione del problema da parte del Pubblico Tutore dei Minori della regione Friuli Venezia Giulia. Il Pubblico Tutore, dopo avere convenuto che le cosiddette liberatorie rilasciate dalle famiglie non hanno alcun valore giuridico, obietta, però, che quanto prospettato:

– integra una mera visione custodialistica della scuola, intesa come luogo che esiste per il diritto soltanto se impedisce o evita situazioni di danno per gli alunni;
ignora il diritto di ogni alunno alla graduale acquisizione della propria autonomia personale e sociale, da conseguire tramite un percorso correlato all’età, alle capacità e alle aspirazioni; percorso a cui devono contribuire, obbligatoriamente, la famiglia e la scuola.

Di conseguenza, il Pubblico Tutore ipotizza una diversa richiesta da parte genitori alla scuola, in cui gli stessi:

richiamano il diritto del figlio alla progressiva acquisizione della autonomia personale e sociale, in rapporto all’età e alle naturali inclinazioni;
– dichiarano di non poter produrre alcun atto definito quale “liberatoria”, attesa la nullità giuridica di detto atto;
– sottolineano che la richiesta non è finalizzata “all’abbandono” del proprio figlio in una situazione di pericolo, bensì per permettere la piena realizzazione della personalità attraverso la promozione di una maggiore autonomia d’azione, all’interno di un contesto adeguato alla sua effettiva maturità:
– assicurano che il figlio conosce bene ed è stato adeguatamente addestrato a percorrere il percorso casa-scuola-casa, oltre che sensibilizzato a porre in atto adeguate e diligenti azioni comportamentali;
richiedono, pertanto, che il rientro a casa del figlio possa avvenire da solo.

La relazione scuola – genitori – Dunque, sono questi gli elementi che, unitamente alle valutazione delle condizioni ambientali (quali, ad esempio, l’ubicazione della scuola, il volume del traffico, la lontananza dell’abitazione dell’alunno dal centro abitato, ecc…), nonché l’età e il rilevato comportamento scolastico dell’alunno, possono consentire al dirigente scolastico di corrispondere o meno, in maniera ponderata, alle istanze avanzate dai genitori. Così facendo, la natura della vigilanza si esplica, non già come semplice custodia, ma quale componente di una sostanziale, condivisa e produttiva relazione giuridica tra scuola e genitori. Non deve esserci, dunque, un’applicazione acritica e meccanica dell’indicazione dell’Avvocatura, ma piuttosto una ponderata decisione del dirigente scolastico che tenga conto di tutte le motivazioni addotte dalla famiglia.