Maestro unico/2. Ma con il maestro unico i risultati erano ugualmente buoni…

E’ un’opinione abbastanza diffusa, non solo tra i sindacati degli insegnanti, che i buoni risultati ottenuti dagli allievi italiani di scuola elementare/primaria nelle ricerche comparative internazionali (buoni soprattutto se confrontati con quelli pessimi dei quindicenni analizzati dall’indagine OCSE-PISA) siano dovuti alla maggiore efficacia del “team” di tre maestri ogni due classi, introdotto nel 1990, rispetto al maestro unico.

Questa opinione non risulta peraltro confortata dai fatti, perché la stessa differenza di “piazzamento” in favore degli allievi di scuola elementare, rispetto a quelli di altre fasce di scuola, era emersa già nelle prime ricerche comparative degli anni settanta dello scorso secolo – svoltesi al tempo del maestro unico – quando l’Italia cominciò a partecipare alle indagini internazionali promosse dalla IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement).

La prima di queste ricerche a partecipazione italiana si sviluppò tra il 1967 e il 1972, sotto la guida dei professori Visalberghi e Laeng, su un ampio campione nazionale di 35.000 allievi di scuola elementare (10-11 anni), media (14-15) e dell’ultimo anno delle superiori. I test riguardavano comprensione della lettura, matematica, scienze, educazione civica. Già in quella occasione si notò che quello delle scuole elementari era l’unico livello scolastico nel quale il nostro Paese si dimostrava competitivo (parteciparono 22 Paesi), mentre per gli allievi di scuola media si evidenziarono carenze soprattutto nelle scienze, e per quelli delle superiori una scadente preparazione generalizzata.

Da notare, fra l’altro, che già da quella prima ricerca emergevano gravi squilibri tra tipologie di scuola, e soprattutto tra Nord e Sud. Insomma, niente di nuovo sotto il sole della scuola italiana.