Maestro unico: consensi e dissensi nel mondo cattolico

Il SIR (Servizio di informazione religiosa), che fa capo ai vescovi italiani, pubblica sulla propria agenzia (www.agensir.it) una serie di  interventi sul maestro unico da parte di esponenti cattolici dell’associazionismo e del mondo pedagogico. Le posizioni sono variegate. Le riassumiamo.

Vincenzo Silvano, presidente della Federazione opere educative (Foe), legata alla Compagnia delle opere, esprime “apprezzamento per la decisione del ministro Gelmini” perché il maestro unico “è una figura di riferimento unitaria“. Giudizio positivo anche per la riduzione del numero di ore passate tra i banchi: “la scuola non deve essere una baby sitter“.

Anche il presidente nazionale della Fidae (Federazione istituti di attività educative), Francesco Macrì, sostiene che  il vero problema non è il numero di insegnanti, ma la loro qualità professionale.  Però, aggiunge, “il maestro unico non può essere tuttologo, per cui va integrato con altre figure per ambiti specialistici, come la musica, l’educazione fisica, la religione“.

Di parere diverso è la presidente dell’Aimc (Associazione Italiana Maestri Cattolici), Mariangela Prioreschi, a cui avviso “il maestro unico è una bella pagina della scuola italiana, ma ha fatto il suo tempo: in un mondo poliedrico e pluralista il bambino si trova nei fatti di fronte a una molteplicità di punti di riferimento”.

Anche a Cesare Scurati, docente di pedagogia generale presso l’Università Cattolica, “la reintroduzione del maestro unico sembra un ingenuo ritorno al passato“, anche se “la proliferazione di insegnamenti aggiuntivi e la eccessiva rotazione del personale docente non hanno certamente giovato al progetto iniziale“, che prevedeva un team molto coeso di tre soli insegnanti.

Una posizione intermedia è quella di Maria Grazia Colombo, presidente dell’Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche), che opta per una pluralità di docenti “ma con una figura prevalente che abbia uno sguardo d’insieme sul bambino“.

Secondo Giuseppe Bertagna “non è possibile dire semplicemente sì o no al maestro unico, schierarsi da una parte o dall’altra”. Ma “sia chiaro che il passato non torna. La scuola ha l’autonomia, è profondamente cambiata rispetto agli anni ’60. E opera in uno scenario di flessibilità e di cooperazione che rende impossibili modelli antiquati” .

Di “figura romantica” o “nostalgica“, che rischia di rivelarsi anacronistica, parla infine Luciano Corradini, presidente emerito dell’Uciim (Unione cattolica italiana insegnanti medi).
E’ vero che la continuità nei rapporti con una classe può determinare una migliore comprensione delle dinamiche di apprendimento, e che una brava maestra competente è meglio di tre persone che litigano tra di loro e non si conoscono, ma è anche vero che oggi non c’è più chi riesce ad avere la padronanza assoluta delle idee chiave di tutte le discipline, che non si possono coltivare tutte allo stesso modo“. Al massimo, dice Corradini, il maestro unico “potrebbe essere compreso nel primo anno delle elementari, ed accettato al secondo o terzo anno solo se la scuola fosse in condizioni di estrema povertà finanziaria, ridotta alla miseria. Non sarebbe in ogni caso ammissibile, invece, negli ultimi due anni delle elementari“.