Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Madrasse no, scuole sì. Ma senza interventi di integrazione non si va lontano

La notizia di fine estate sull’ipotesi di trasformare in scuola paritaria la “madrassa” di via Quaranta a Milano, frequentata dai ragazzi islamici per i quali già l’anno scorso era scoppiata una forte polemica per una loro quasi-integrazione nella scuola pubblica, ha riacceso le polveri del dibattito.
A quella che sembrava una soluzione proposta dal Comune di Milano, ha risposto dalle pagine del Corriere della Sera il giornalista Magdi Allam che ha detto perentoriamente che quella madrassa, come le altre 600 e più esistenti in Italia “all’ombra delle moschee“, deve semplicemente essere chiusa perché come scuola è illegale. E ha aggiunto che il riconoscimento di parità finirebbe per legalizzare una situazione fuori dalle regole del sistema scolastico, senza possibilità di effettivo controllo.
Anche il responsabile scuola di Forza Italia e vicepresidente del Parlamento europeo Mario Mauro è contrario: “non si può legalizzare una madrassa (…), una struttura ideologica e catechistica che è la negazione del sapere“.
Il sindaco di Milano Albertini ha precisato che il Comune non ha mai pensato di “rendere paritaria la scuola di via Quaranta“. Ma ha anche aggiunto: “Che ne facciamo di 500 ragazzini? Se li obblighiamo a frequentare le nostre scuole pubbliche, abbiamo la certezza che anche chi è clandestino iscriva i loro figli alle scuole regolari? Realisticamente nessuna, anzi ovvie possibilità che i più intransigenti radicalizzino la loro condizione di clandestinità“. Nel frattempo, i musulmani di via Quaranta, prevalentemente egiziani, hanno chiesto un incontro al Comune per cercare una soluzione nella legge e per avviare una reale e non ipocrita integrazione. Nel rispetto, ovvio e costituzionale, delle loro origini, della loro religione e della loro cultura. “La soluzione potrebbe essere quella di una scuola paritaria: con qualificati docenti italiani, programmi ministeriali italiani, diploma finale italiano, aperta a tutti“.
L’auspicio del sindaco ci sembra un po’ troppo ottimistico. Ma l’episodio di Milano sottolinea ancora di più l’esigenza che i problemi vadano affrontati preventivamente con piani di integrazione per i quali tutte le scuole siano chiamate a dedicare attivamente momenti significativi all’educazione interculturale, operando fattivamente con iniziative di ricerca e di confronto.

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