Ma la riforma si può fare a costo zero? Sì, a una condizione

Giovedì 3 ottobre si sono tenute in aula al Senato le relazioni di maggioranza (sen. Asciutti) e minoranza (sen. Soliani) sul disegno di legge Moratti. Sembra un dialogo tra sordi, per il momento.
Considerata la mole dei provvedimenti attualmente all’esame di palazzo Madama, e già collocati in una corsia prioritaria, difficilmente il dibattito conclusivo sulla riforma della scuola potrà avvenire prima dell’ultima decade di ottobre.
E visto l’andamento dei conti del nostro Paese, è certo che sul finanziamento della riforma grava un dubbio: dove e come si troveranno le risorse necessarie se la legge non contiene in pratica alcuna copertura finanziaria, se non quella, peraltro insufficiente, per gli anticipi di iscrizione? Né la Finanziaria ha previsto nulla di più.
Come mai?
Un’ipotesi potrebbe essere semplicemente quella che non ci sono i soldi, per cui la riforma sarebbe destinata a slittare a tempi migliori. Ma c’è un’altra eventualità: che il Governo sia convinto che non servano altri fondi perché ritiene che la riforma produrrà risparmi. Ma non lo può dire, per evidenti motivi di opportunità. Il tempo chiarirà.
Intanto proprio la questione della copertura finanziaria può costituire il punto di attacco della minoranza, che – c’è da scommetterci – non si lascerà sfuggire l’occasione per eccepire, prima dell’avvio della discussione generale, una pregiudiziale di costituzionalità per violazione dell’art. 81 della Costituzione (che al quarto comma recita: ogni legge “che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”).
Il ministro Moratti, d’altra parte, si è impegnata a far scendere all’80% la percentuale delle spese correnti del suo Ministero (oggi superano il 90%), essenzialmente costituite dagli stipendi. La prospettiva dunque è chiara: a parità di allievi dovranno esserci meno dipendenti. Non sono mancati, negli ultimi mesi, segnali che andavano in quella direzione, dal blocco degli incarichi a tempo indeterminato alla riduzione del personale docente e ATA. Ma per liberare risorse adeguate servono misure assai più radicali. Per esempio la riduzione degli orari obbligatori di lezione ai diversi livelli (soprattutto nella scuola secondaria superiore), non accompagnata però dalle attività facoltative di cui parla il progetto Bertagna: costano troppo.