Ma la posizione dei DS sulla riforma Moratti è moderata o no?

Cari amici di Tuttoscuola,

leggo sul vostro sempre informatissimo Focus n. 131/228 una informazione che non corrisponde pienamente al vero. Trascrivo il vostro periodo tratto da Verso le elezioni -1:

Il non facile compito che attende Romano Prodi è quello di operare una sintesi tra due strategie che appaiono al momento contrapposte: la prima, pure assai critica nei confronti della riforma Moratti, è orientata a procedere per via emendativa, tramite una serie di correzioni e aggiustamenti della legge n. 53/2003 sui principali punti di dissenso (per es. tutor, obbligo scolastico a 16 anni, impianto unitario del secondo ciclo), la seconda è per l’abrogazione secca dell’intera legislazione Moratti e per una nuova riforma generale che riparta dalla situazione antecedente non solo la riforma Moratti ma anche, secondo qualcuno, quella Berlinguer (legge n. 30/2000)”. La prima strategia sarebbe quella “moderata e pragmatica sostenuta dai due partiti maggiori della coalizione, i Democratici di Sinistra e la Margherita“.

Non mi sembra che le cose stiano veramente così, almeno per quello che riguarda la posizione dei DS. L’atteggiamento dei DS nei confronti della cosiddetta riforma Moratti non è affatto moderata, ma è assolutamente negativa: pertanto, sia la legge delega 53 che tutti i decreti delegati che ne sono seguiti, circolari applicative e documenti allegati vanno cancellati, sostanzialmente!

Detto questo, il problema è, appunto, di strategia, come voi stessi dite. Ma una strategia intelligente deve tener conto del fatto che ci troviamo di fronte ad una situazione molto complessa, sotto il profilo istituzionale e normativo. E la complessità è data dal fatto che tutto il dispositivo messo in piedi dalla Moratti non deriva tanto da una sua personale scelta, ma soprattutto dal fatto che in una società complessa, oggi, qualsiasi iniziativa legislativa si voglia assumere ed adottare, qualunque sia il governo in carica, questa non può che procedere per approssimazioni successive – se si può dir così – che si completano e si definiscono strada facendo una dopo l’altra, come un insieme di scatole cinesi.

Si tratta di una fenomenologia nuova rispetto alla nostra stessa tradizione legislativa. Va, infatti, considerato che, con l’avvio dei trasferimenti di competenze dallo Stato alle Regioni, agli Enti locali, alle stesse istituzioni scolastiche – dalla normativa di cui alle leggi 241/90 e 59/97 fino alla stessa riforma costituzionale del 2001 – si è dato vita ad una situazione assolutamente nuova per quanto riguarda la gestione della cosa pubblica. Una volta tutto era eterodiretto e con una sola legge si amministrava un intera materia! Oggi non è più così: si intrecciano insieme competenze di governance e competenze di government, per cui si devono confrontare più decisori, sotto il profilo istituzionale, politico, amministrativo; i tavoli decisionali si succedono a iosa e la stessa materia oggetto di riforma di fatto viene disaggregata in più submaterie. Ciò non riguarda solo l’istruzione, ma anche il lavoro, la giustizia, la sanità, i lavori pubblici, ecc. E riguarda anche i Paesi ad alto sviluppo e a democrazia avanzata.

In un contesto di questo tipo occorre muoversi con estrema cautela. Fino ad alcuni fa le cose indubbiamente erano più semplici: a fronte di una legge che non va, la si abrogava con una legge interamente sostitutiva! Oggi non è così, non può più essere così! Un’abrogazione tout court di tutto un disposto normativo provocherebbe – e non solo in materia di istruzione – solo un vuoto, o un insieme di vuoti, a fronte dei quali l’unica certezza sarebbe soltanto… l’assoluta incertezza del diritto e del concreto quotidiano da farsi da parte di chi opera sul terreno!

Concludendo: non è vero che i DS siano più teneri di altri verso la Moratti, che intendano emendare qua e là perché forse qualcosa sarebbe anche da non buttar via! Non è assolutamente così! Il fatto è un altro: che altre forze politiche non hanno chiara la complessità del contesto normativo! E’ facile dire no! E i DS lo dicono! Ma per dire no e rovesciare una situazione complessa, non possiamo marciare come un elefante in un negozio di porcellane!

Se la pseudoriforma della Moratti ha avanzato pezzo dopo pezzo, è il pezzo dopo pezzo che occorre smontare. L’importante è avere con chiarezza quali siano le finalità da perseguire e le priorità da adottare subito. Se la Moratti, in ordine ad una ideologia tipica di questa destra conservatrice, ha inteso costruire un sistema di istruzione a geometria variabile, una scuola a domanda del singolo e non a servizio della collettività, percorsi di eccellenza e percorsi di risulta, occorre darsi una linea progettuale che restituisca all’istruzione la sua funzione primaria di istruire tutti, non uno di meno.

E si tratta di una linea che intende soddisfare i diritti fondamentali di cittadinanza, che sono eguali per tutti; e che è funzionale sia alla crescita personale e professionale di ciascun cittadino che allo sviluppo culturale, civile e socio-economico dell’intero Paese. In tale direzione, pertanto, si collocano alcuni provvedimenti prioritari. E questi figurano nelle proposte dei DS: per dirne solo alcuni, ampliare il sistema dei nidi, restituire dignità alla scuola dell’infanzia e generalizzarla, restituire senso e certezza alla scuola di base che la Moratti ha sconvolto, innalzare l’obbligo di istruzione e proporre a tutti gli alunni obiettivi di apprendimento comuni, i ordine a chiari standard nazionali, restituire dignità all’istruzione tecnica e professionale ricostruendo in primo luogo quei rapporti tra Stato e Regioni che la Moratti ha irresponsabilmente compromessi.

Questi sono alcuni passi certi di un cammino certamente difficile, ma fortemente e sostanzialmente abrogativo e senza sconti! Altre linee apparentemente più dure sono bandiere al vento, certamente, ma di fatto… aria fritta!


La risposta di Tuttoscuola:

Maurizio Tiriticco, attento lettore di Tuttoscuola, ci ha scritto una densa lettera di puntualizzazione nel merito di una notizia dell’ultimo numero di TuttoscuolaFOCUS che analizza le diverse posizioni che emergono nella coalizione di centro-sinistra a proposito dell’atteggiamento da assumere nei riguardi della riforma Moratti in caso di vittoria alle prossime elezioni politiche. Tiriticco non condivide il nostro giudizio che la posizione assunta a questo proposito dai DS, e per essi dal suo responsabile scuola Andrea Ranieri, sia definibile “pragmatica e moderata”. Essa è invece, a suo avviso, “assolutamente negativa”, e “pertanto, sia la legge delega 53 che tutti i decreti delegati che ne sono seguiti, circolari applicative e documenti allegati vanno cancellati, sostanzialmente”.


Premesso che sarà meglio chiedere ai diretti interessati (chi meglio di loro può dire qual è la loro effettiva posizione?), e che noi come cronisti abbiamo solo cercato di interpretare le dichiarazioni fatte da esponenti diessini, una cosa si può dire: che forse il cuore della questione sta tutto nell’avverbio che conclude la frase: “sostanzialmente”. Se non ci fosse, la linea sarebbe analoga a quella del Comitato “Fermiamo la Moratti”, che è per l’abrogazione totale e immediata della legge n. 53, senza se e senza ma.


Invece Tiriticco esprime (giustamente, secondo noi) un punto di vista assai più articolato, partendo dalla considerazione che “in una società complessa, oggi, qualsiasi iniziativa legislativa si voglia assumere ed adottare, qualunque sia il governo in carica, questa non può che procedere per approssimazioni successive – se si può dir così – che si completano e si definiscono strada facendo una dopo l’altra, come un insieme di scatole cinesi”. E ancora “Un’abrogazione tout court di tutto un disposto normativo provocherebbe – e non solo in materia di istruzione – solo un vuoto, o un insieme di vuoti, a fronte dei quali l’unica certezza sarebbe soltanto… l’assoluta incertezza del diritto e del concreto quotidiano da farsi da parte di chi opera sul terreno!”.

Ecco, a noi questo sembra un punto di vista pragmatico e moderato, “sostanzialmente”, ça va sans dire. Ma è anche quello che pensano i DS?


Pubblichiamo l’intervento di Giorgio Allulli, che ha preso spunto dalle lettera di Tiriticco per fare interessanti considerazioni sulla bozza di programma sulla scuola dell’Unione.

 


Caro Maurizio,

la tue come sempre stimolanti considerazioni offrono lo spunto per provare a fare qualche riflessione su cosa fare della riforma Moratti e sulla posizione dei partiti del Centro-Sinistra. Non credo che tutte le questioni si possano risolvere prima. Quello che però si dovrebbe fare, e mi sembra ancora non sia stato fatto in pieno, è interrogarsi sui problemi reali, e su come affrontarli tenendo ben presente davanti l’obiettivo di costruire un sistema scolastico e formativo aperto, accessibile, che favorisca la piena partecipazione ed il successo formativo per tutti, che includa i giovani anziché escluderli, che promuova una piena mobilità sociale, che garantisca standard elevati a tutti i giovani proiettandoli in una logica di lifelong learning.

Devo notare che nei documenti preparatori dei programmi dei DS e della Margherita avevo trovate diverse risposte a questi problemi, che invece non trovo più nella bozza di programma sulla scuola dell’Unione.

Quali sono i nodi che abbiamo davanti?

1) L’attuazione del titolo V della Costituzione. Che ci piaccia o no, la riforma Costituzionale del 2001 ha tracciato una netta separazione di ruoli, tra Regioni e Stato, per quanto riguarda il sistema dell’istruzione ed il sistema dell’istruzione e formazione professionale. La riforma 53 ha voluto introdurre un’applicazione, per quanto discutibile, di questo principio. Come intende applicarlo l’Unione, visto che nel programma di revisione del titolo V non si parla?

 

2) Tu affermi che la riforma Moratti va smontata pezzo dopo pezzo. Ma se d’altra parte si vuole portare l’obbligo scolastico a 16 anni, e realizzare quanto affermato nel programma dell’Unione, credo che sia difficile procedere con una logica emendativa. Basta leggere l’articolo 2 della legge 53 per rendersene conto, per non parlare di tutti i decreti delegati. Come si fa concretamente a procedere con una logica solo emendativa per realizzare quanto contenuto nel programma? Mi piacerebbe vedere qualche esempio concreto.

 

3) Di fronte alla questione dell’abbandono precoce mi sembra che si continui a procedere con un approccio rigido, rifiutandosi di vedere quanto hanno fatto in questi anni non la Moratti, ma istituzioni e gruppi non sospettabili di collateralismo come la Provincia di Trento ed il gruppo napoletano che fa capo a Rossi Doria e Moreno. Oggi  Trento, grazie anche alla presenza di un solido canale di formazione professionale, porta il 92% dei giovani a conseguire la qualifica o il diploma. Dunque abbandona il sistema solo l’8% contro il 20-25% della media nazionale. A Napoli i ragazzi che abbandonano la scuola non li recuperano i Carabinieri, ma i maestri di strada, che cercano i ragazzi per i vicoli, li rimotivano con esperienze alternative, superando ogni logica istituzionale rigida. Riproponendo il biennio scolastico a 16 anni si ripropone una soluzione rigida, ignorando tutto il dibattito pedagogico, italiano ed internazionale (vedi l’ultimo numero di Le Monde de l’education) su come rispondere alle necessità di coloro che apprendono secondo stili cognitivi diversi, partendo dalla pratica per arrivare alla conoscenza teorica attraverso la riflessione sulla pratica, e dunque attraverso un processo di apprendimento circolare. Il rischio è quello di perdere i giovani per strada, o di trattenerli fino a 16 anni dentro le aule scolastiche, pluriripetenti esausti e pronti alla fuga da qualsiasi ulteriore proposta formativa. Basta leggersi qualunque ricerca per vedere come si arriva all’abbandono. Il programma dei DS, che pure proponeva l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni, era almeno aperto all’integrazione, che non vedo riproposto in quello dell’Unione.

La proposta dell’Unione è un arretramento rispetto alla legge 144 sull’obbligo formativo, che aveva posto al centro dell’attenzione non la permanenza obbligatoria dentro la scuola, ma il successo formativo. Questo deve essere il vero punto di riferimento di ogni ragionamento progressista sull’educazione dei giovani. La questione dell’abbandono va affrontata con soluzioni flessibili, che non propongano solo la scuola (non credo che si possa chiedere agli insegnanti di rincorrere i ragazzi nei vicoli), ma coinvolga diverse istituzioni, con una logica flessibile e di rete, sulla base delle risorse disponibili nei diversi territori.

Deng Xiao Ping diceva che non importa di che colore siano i gatti, l’importante è che acchiappino i topi. Se in Campania i maestri di strada riescono a recuperare i giovani, perché non considerarli come risorsa del sistema educativo? Se nel Lazio i Centri di formazione stanno facendo il lavoro che in tutti questi anni le scuole non sono riuscite a fare, e molto difficilmente riuscirebbero a fare, data l’impostazione oggettivamente diversa, perché non utilizzarli prima che avvenga l’abbandono, e non dopo? Se in Emilia Romagna l’esperienza di integrazione ha migliorato la partecipazione dei giovani al sistema, perché non consentirla?

Diamo ad ognuno la libertà di seguire il suo percorso, fissando casomai (e valutando seriamente, non con commissioni di comodo) dei solidi standard di uscita.

Invece di proporre soluzioni schematiche, che ripropongono logiche superate dall’esperienza di tutti questi anni, sarebbe bene affidare ai diversi territori, sulla base dei bisogni dei giovani e delle risorse esistenti, il compito di garantire che tutti i giovani concludano il loro percorso secondario con successo, acquisendo un diploma od una qualifica che non li escluda dal sistema scolastico e formativo, ma che consenta loro di proseguire il percorso di istruzione e/o di formazione.

 

Ecco, mi piacerebbe che dietro al programma dell’Unione ci sia fosse una discussione vera e senza pregiudizi su questi temi, cosa che non sempre si è riusciti a fare su tutti i tavoli, dove l’esigenza della mediazione politica ha talvolta prevalso su quella del ragionamento sul merito dei problemi da affrontare.

Con amicizia

 

Giorgio Allulli