La sovraesposizione mediatica dei giovani, addirittura in età prescolare, alle immagini di assoluta violenza trasmesse via Internet e riprese da TV e stampa – dalla carneficina di Beslam ai riti neobarbarici delle decapitazioni – pone la scuola di fronte al problema di come trattare questi temi, che inevitabilmente echeggiano in tutte le aule, in modo da ricavarne un risultato in termini educativi. Lo stesso ministro Moratti ha incoraggiato gli insegnanti a muoversi in questa direzione in più occasioni, dalla distruzione delle Twin Towers di New York a Beslam. Molti insegnanti sono perplessi, un po’ per l’oggettiva difficoltà di gestire un compito così delicato, e un po’ perché si chiedono se sia legittimo farlo, o provare a farlo. La risposta, almeno a questo secondo dubbio, è senz’altro positiva, anche alla luce della normativa più recente, costituita dai “Piani di studio personalizzati” in vigore dal settembre 2004, allegati al Decreto legislativo n. 59/2004. Tra le “abilità” che gli allievi della scuola primaria dovranno conseguire nell’ambito della “educazione alla convivenza civile” (sottotema “educazione alla cittadinanza”) compaiono infatti le seguenti due: “Identificare situazioni attuali di pace/guerra, sviluppo-regressione, cooperazione/individualismo, rispetto/violazione dei diritti umani” e “Impegnarsi personalmente in iniziative di solidarietà”. Si può dire che, almeno nella scuola primaria non solo si può affrontare il tema, ma si possono far seguire azioni, promuovere comportamenti. Un po’ più vaghe sono le Indicazioni nazionali per la scuola secondaria di primo grado, che comunque prevedono come conoscenza “Il dialogo tra culture e sensibilità diverse” e come abilità “Individuare, analizzare, visualizzare ed esporre i collegamenti esistenti tra globalizzazione, flussi migratori e problemi identitari”. Uno spunto e un invito ad aiutare gli allievi a capire meglio il mondo in cui viviamo, anche nei suoi aspetti più angoscianti.
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