Lotta ai diplomifici, si fa sul serio. Ma non mancano alcune sorprese che potrebbero limitare l’efficacia dell’azione di contrasto

Dopo il lavoro giornalistico di Tuttoscuola che in questi mesi ha acceso i riflettori sui “diplomifici”, il CdM approva il ddl Semplificazione con misure che hanno lo scopo di contrastare il fenomeno: controllo degli esami di idoneità, limitazione del numero delle classi collaterali e obbligo di adozione del protocollo informatico con tanto di pagella e registro elettronico. All’ultimo sono però sparite dal testo due misure importanti: il riferimento agli studenti lavoratori e la definizione di un numero minimo di alunni per classe

 

Con il disegno di legge di Semplificazione approvato dal Consiglio dei Ministri il 26 marzo, che fa seguito alle ispezioni lanciate nei mesi scorsi dal Ministero dell’istruzione e del merito nelle tre Regioni (Campania, Lazio e Sicilia) dove risiedono gli istituti più sospetti, per la prima volta si dichiara guerra a un mondo opaco, parallelo al sistema d’istruzione, di cui ne inquina i risultati. Un business antico e redditizio, stimabile in almeno 50 milioni di euro all’anno, altamente diseducativo. Con tassi di crescita negli ultimi anni da start up dell’alta tecnologia: l’anno scorso il tasso di incremento degli iscritti dalla quarta alla quinta nelle scuole paritarie è stato del +166% (da 19.078 iscritti in quarta a 50.728 l’anno successivo in quinta).

Sono almeno 10 mila i diplomati della Maturità 2023 che hanno acquisito un titolo (che ha valore legale) con modalità dubbie, alimentando uno strano “turismo da diploma” da tutta Italia verso le “fabbriche dei diplomi facili”, concentrate per il 90 per cento in Campania, e in particolar modo nella grande cintura che circonda il comune di Napoli, in un territorio che per ampiezza rappresenta lo 0,4% del totale nazionale, in cui sono concentrati la metà dei sospetti diplomifici di tutta Italia.

I dossier di Tuttoscuola, pubblicati la scorsa estate con dati e analisi esclusive, hanno da un lato fatto emergere il “boom” negli ultimi anni di questo torbido business, delineandone la mappa e le modalità di azione; dall’altro hanno spazzato via ingiusti pregiudizi e generalizzazioni che hanno coinvolto l’intero mondo della scuola paritaria, rendendo giustizia alla quasi totalità di istituti che non sono minimamente toccati da questo fenomeno.

Le misure annunciate dal Governo – in buona parte anticipate nel “decalogo” di proposte avanzato mesi fa da Tuttoscuolarappresentano il primo “master plan”, organizzato e strutturale, che il Ministero dell’istruzione abbia mai messo in campo. Va dato merito al ministro Valditara di aver “preso il toro per le corna”, rompendo quel velo di distrazione e di strisciante tolleranza sotto il quale potrebbero essersi nascoste anche alcune connivenze, come numerose indagini giudiziarie hanno dimostrato negli anni. Ma ad esse non avevano mai fatto seguito azioni concrete da parte delle decine di Governi che si sono succeduti.

Ci sono però anche alcune sorprese negative nel disegno di legge di Semplificazione approvato dal Consiglio dei Ministri: nel testo finale, infatti, sono saltate alcune misure che erano state annunciate a dicembre in un comunicato ufficiale del MIM e che erano presenti nelle bozze del provvedimento circolate fino a pochi giorni fa. Come se ne passaggio da Viale Trastevere a Palazzo Chigi si fossero perse per strada.

Il ddl non contiene più il riferimento agli studenti lavoratori – che sono il “cavallo di Troia” con il quale gli istituti sospetti hanno regolarmente vinto i ricorsi contro gli stop dell’Amministrazione scolastica – né la disposizione sul numero minimo di alunni per classe che consente alle scuole di attivare classi anche con un solo alunno. Tuttoscuola ha approfondito la situazione.

Nel testo del disegno di legge sui diplomifici varato dal Consiglio dei Ministri, non vi è più traccia di studenti lavoratori di cui, invece, si parlava nella precedente bozza, in questi termini: “L’Ufficio scolastico regionale può autorizzare una scuola paritaria all’attivazione di una sola classe terminale collaterale per ciascun indirizzo di studi già funzionante nella medesima scuola, se gli studenti che si iscrivono, ivi inclusi quelli che si dichiarano studenti lavoratori, non possono essere inseriti nelle classi terminali già esistenti per insufficienza di spazio delle aule”. Nel testo approvato dal CdM è saltato ogni riferimento agli “studenti lavoratori”. Come mai?

Il problema degli studenti lavoratori era emerso in occasione di contenziosi, quando – come svelato nel dossier di Tuttoscuola “Il gran bazar dei diplomifici” – decine di sentenze del TAR Lazio e del TAR Campania avevano salvato migliaia di studenti di istituti paritari opachi, facendoli passare tutti come studenti lavoratori, un riuscito escamotage che era diventato una costante giurisprudenziale consolidata per altre sentenze.

In sostanza, l’asserita mancanza in loco di corsi serali – le strutture scolastiche statali di secondaria di II grado deputate all’istruzione di adulti – giustificherebbe l’iscrizione di sedicenti studenti lavoratori in scuole ospitanti disponibili, come, appunto, potrebbero essere taluni istituti paritari.

Ma una ricerca condotta da Tuttoscuola sui corsi serali statali funzionanti in Italia ne ha accertato invece l’esistenza in ben 1.194 scuole, presenti nella totalità delle province italiane, di cui ben 149 in Campania. Nessun alibi, quindi, per studenti lavoratori in istituti paritari.

Vista ora la cancellazione dal ddl, l’escamotage degli studenti lavoratori continuerà a funzionare?

La seconda sorpresa riguarda il limite del numero minimo di alunni per costituire nuove classi.

Nel comunicato ministeriale del 6 dicembre scorso si prevedeva, infatti, “l’individuazione del numero minimo di studenti per la costituzione delle classi dei vari anni di corso”. 

E nella precedente bozza del ddl si leggeva: All’articolo 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62 (legge sulla parità), sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 4, dopo la lettera h), è aggiunta la seguente: «h-bis) numero di alunni o studenti non inferiore a otto per ciascuna classe, ad esclusione della scuola dell’infanzia

Ma nel testo finale varato dal CdM l’argomento del numero di alunni per classe è completamente scomparso. Un imprevisto dietro-front.

Tuttoscuola ha approfondito le situazioni delle classi intermedie degli istituti paritari della secondaria di II grado sul Portale dati del Miur, e ha riscontrato che dal 2015-16 al 2022-23 si sono formate complessivamente 18.891 classi (pari al 39% di tutte le classi intermedie) funzionanti con meno di otto alunni! .

Addirittura, 600 classi, durante quel periodo, hanno funzionato (si fa per dire) con un solo alunno. Che senso ha una classe con un solo alunno (o anche con due o tre)? Ebbene, potranno continuare a esistere, a meno che il Parlamento non ripristini il numero minimo.

Peraltro l’iter ordinario di approvazione di un ddl non sarà breve: secondo le stime degli uffici statistici del Senato, difficilmente potrà diventare legge prima della fine del 2024 (e saranno necessari anche i decreti di attuazione). Gli effetti si vedranno probabilmente solo dall’anno scolastico 2025-26.

In ogni caso “il dado è tratto”, ora bisogna andare fino in fondo, con il sostegno di tutte le istituzioni, del mondo della scuola paritaria “sana”, della scuola statale, dei sindacati e associazioni, dei media e dell’opinione pubblica generale. Solo così si potrà sconfiggere realmente la malapianta dei diplomifici.

Leggi qui i dossier di Tuttoscuola sui diplomifici:

https://www.tuttoscuola.com/prodotto/maturita-boom-diplomi-facili-dossier/
https://www.tuttoscuola.com/prodotto/gran-bazar-diplomifici/

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