Lo sconto nel dimensionamento delle istituzioni scolastiche siciliane

I parametri per il dimensionamento della rete scolastica, definiti nel 1998 in vista della riforma dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, avevano allora valore vincolante per tutte le Regioni e come tali erano stati assunti nel definire i criteri per la prima razionalizzazione della rete.

La Regione Sicilia però, grazie anche all’autonomia di cui gode e ad una legge apposita (n. 6/2000) “Provvedimento per l’autonomia delle istituzioni scolastiche statali e delle istituzioni scolastiche regionali”, aveva aggiunto ai parametri nazionali una clausola che di fatto è diventata nel tempo uno sconto nel conseguimento dei limiti minimi di popolazione scolastica previsti.

Pur confermando i parametri nazionali (500-900 alunni), la legge ha previsto infatti che “Nel computo della popolazione scolastica vanno considerati gli alunni delle scuole materne regionali, nonché gli alunni delle scuole materne comunali autorizzate.”

Cosa c’entrano gli alunni delle scuole materna non statali nel computo della popolazione scolastica di una istituzione statale, la quale non amministra, non gestisce e nemmeno vigila sulle scuole regionali o comunali?

E in nessuna parte d’Italia i bambini delle scuole comunali dell’infanzia sono stati conteggiati per raggiungere il limite di dimensionamento richiesto all’istituzione statale.

Ma in Sicilia, in nome dell’autonomia di cui gode la Regione, questo è stato possibile, anche se illogico. Evidentemente la norma non è stata impugnata dallo Stato centrale e continuerà ad essere applicata anche con la riforma della rete, insieme alla conferma dei vecchi parametri pur se riformati dalla legge 111/2011.

Urge chiarire a questo punto – anche nella prospettiva del federalismo scolastico – se i parametri definiti dalla legge statale rientrano nelle competenze esclusive dello Stato, secondo l’art. 117 della Costituzione.