L’Italia e i diplomati tecnici che non ci sono…
Nei prossimi giorni, e in ogni caso entro la fine di dicembre, si discuterà presso il Consiglio dei ministri il riordino degli istituti tecnici, che comprenderà i regolamenti di tutte le scuole superiori, i quadri orari (annuali, e, di conseguenza, settimanali), il nuovo assetto ordinamentale e organizzativo e didattico dei licei.
Gli obiettivi del riordino del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini sono dichiarati: “Qualità, più diplomi legati alle richieste del mercato, meno sperimentazioni” e prendono spunto dal paradosso nel nostro Paese, che vede un progressivo calo degli studenti nell’istruzione tecnica, nonostante l’aumento del fabbisogno dei profili tecnici e peritali da parte della nostra industria, a prevalente vocazione manifatturiera.
Snoccioliamo alcuni dati, ben illustrati nell’articolo odierno del Corriere della sera, Istituti tecnici, caccia ai diplomati, di Annachiara Sacchi: dal 1991 a oggi la percentuali di studenti iscritti alle superiori tecniche e professionali è scesa dal 47% al 34% del totale, e consiste quest’anno in 870 mila alunni iscritti in 1800 scuole.
Per contro, il rapporto Excelsior 2008 di Unioncamere valuta in 320 mila il fabbisogno di diplomati tecnici da parte dell’industria italiana, che però ne riesce a trovare sul mercato solo 142 mila.
Questo dato non è isolato, infatti, secondo un’elaborazione di Confindustria, l’incidenza delle professioni tecniche sul totale dell’occupazione è passata dal 15,2 per cento del 1998 al 21,7 del 2006, e si collocata di 5 punti sopra la media Ocse. Essendo questi i dati, pare proprio che la vocazione industriale italiana non trovi un adeguato riscontro nelle scelte formative degli studenti e delle loro famiglie.
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