Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

L’integrazione difficile/1. L’identità italiana

L’integrazione degli stranieri è tanto più difficile quanto più debole è l’identità culturale della nazione che li ospita. E l’identità della nazione italiana non solo è debole, ma rischia di indebolirsi ancora di più se la scuola non svolge il suo compito, che nei confronti degli alunni stranieri è quello di “farli partecipi della nostra lingua, della nostra storia, della nostra cultura: principalmente nella scuola, che di tutto ciò deve, o meglio dovrebbe essere, simbolo operante“.

Ancora una volta Ernesto Galli della Loggia  è tornato sulla sua nota tesi in un editoriale pubblicato la scorsa settimana sul Corriere della Sera (“L’integrazione non si fa così), che prendeva lo spunto dalle polemiche esplose dopo la decisione della scuola primaria romana “Carlo Pisacane” di cambiare la propria denominazione con quella del pedagogista giapponese Tsunesaburo Makiguchi, alle cui idee si ispiravano alcune azioni didattiche realizzate nella scuola: un sintomo, sostiene Galli, del cedimento del nostro Paese alle “mitologie internazional-mondialiste“, a scapito del consolidamento dell’identità nazionale.

A caldo il ministro Gelmini si è dichiarata totalmente d’accordo con l’articolo di Galli della Loggia: “esprime il mio pensiero”, ha detto, ma intervenendo su un’altra questione d’attualità – quella dell’insegnamento della lingua veneta nelle scuole della regione Veneto, proposta dalla Lega – è sembrata meno preoccupata di salvaguardare l’identità nazionale, che pure è strettamente legata all’apprendimento della lingua italiana. In una lettera indirizzata al quotidiano Il Gazzettino ha sostenuto che “i dialetti sono la base della nostra cultura” e che “la spinta verso il futuro e la modernizzazione non possono non essere accompagnate dalla valorizzazione della cultura ivi compresa la lingua e il dialetto“. Una convinzione o un esercizio di diplomazia politica verso la Lega?

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