L’inarrestabile marcia del ‘pedagogicamente corretto’

Secondo il noto editorialista del “Corriera della Sera” Ernesto Galli della Loggia l’attenzione degli insegnanti della scuola italiana continua ad essere concentrata sui “feticci del pedagogicamente corretto” (esempi citati: lavoro di gruppo, ricerche, interdisciplinarità) perché il Ministero dell’Istruzione opera come “suo instancabile propulsore”.
Lo ha scritto giorni fa sul supplemento settimanale “Sette”. E’ giustificato questo rilievo? Per la verità il Ministero in senso stretto (apparato burocratico + ispettori centrali) non sembra avere, in questa legislatura, la forza e il peso del passato. Conseguenza delle riforme Bassanini-Frattini che hanno quasi azzerato le competenze gestionali del centro, e del superamento delle direzioni centrali per ordini e gradi di scuola, in passato potenti e autoreferenziali. Mentre, per converso, assai più preponderante e dinamica appare l’azione svolta dal “livello politico”, che si è avvalso in misura consistente di apporti tecnici esterni: basti pensare al contributo offerto da Giuseppe Bertagna alla riforma Moratti.
Quel che non sembra cambiare (e in questo Galli ha qualche ragione) è il predominio della dimensione pedagogica, della “metodologia”, sui contenuti, e ciò malgrado l’attuale maggioranza, quando era opposizione, si fosse impegnata a rivalutare l’approccio disciplinare, e perfino le deprecate “nozioni”, in polemica con la “buropedagogia” di viale Trastevere. Ma il problema non era, o non era solo, quello del ruolo dell’apparato burocratico. Era, ed è, l’enfasi forse eccessiva posta sulla dimensione pedagogica e metodologica.