Liceo Virgilio: tra occupazioni, sit-in e scontri generazionali
Il liceo Virgilio di Roma è nuovamente al centro di polemiche. Lo scorso 29 novembre, un gruppo di studenti ha occupato l’istituto, spingendo la dirigente scolastica, Isabella Palagi, a reagire con un’iniziativa inedita: un sit-in in piazza Santi Apostoli per rivendicare il diritto alla scuola di tutti. La “manifestazione silenziosa”, organizzata tramite una lettera inviata ai genitori, è stata approvata durante un Collegio dei docenti convocato d’urgenza.
L’iniziativa ha raggiunto l’obiettivo di attirare l’attenzione sulla questione e ha ricevuto solidarietà e sostegno da molti studenti e genitori, anche se un’altra parte dei genitori del Virgilio si sono dichiarati contrari alla mobilitazione lanciata dalla preside.
La dirigente scolastica ha chiarito l’intento del sit-in: “Non è una contro-occupazione, ma una manifestazione per riavere la scuola. Voglio che i ragazzi escano pacificamente e in autonomia. Le occupazioni escludenti ledono il diritto allo studio”.
Alcuni docenti presenti hanno espresso il disagio generato dall’occupazione: “È un mancato riconoscimento della dignità dei professori, vittime di un teatro adolescenziale”.
Genitori divisi e precedenti controversi
La posizione di una parte dei genitori del Virgilio – scuola della “Roma bene” situata a Via Giulia in uno degli angoli più belli del centro della Città eterna, dove non è infrequente trovare tra i genitori grand commis di Stato o imprenditori di primo piano, nonché politici – non è nuova. In passato, un’altra dirigente aveva denunciato la prevaricazione di una minoranza di studenti che negavano il diritto allo studio di tanti altri, trovandosi però isolata. Addirittura, la presidente del consiglio d’istituto aveva organizzato un corteo di solidarietà per gli studenti occupanti, nonostante i 25 mila euro di danni causati dall’occupazione. Un plastico caso di “mala educazione”.
Le analisi di Crippa e Gramellini
Due editorialisti di primo piano hanno commentato il caso, offrendo spunti critici sul ruolo degli adulti.
Sul Foglio, Maurizio Crippa scrive, tra l’altro, “una dirigente scolastica, avveduta e pacata, ha convocato un sit-in silenzioso davanti alla prefettura per rivendicare il diritto alla scuola per tutti. E ha avvisato tutti tramite registro elettronico, non tirando una molotov. Il fatto sarebbe persino banale in un paese normale, ma in Italia diventa strabiliante. Lo scorso venerdì un manipolo di studenti ha occupato il liceo Virgilio di via Giulia a Roma, no periferia disagiata e razzializzata, per protestare contro “l’autoritarismo scolastico” e “per disegnare il profilo della scuola che vorrebbero. Se avesse invece chiesto alle forze dell’ordine di mandare a casa, con le buonissime maniere, i pischelli con sacco a pelo sarebbe stato meglio. Ma siamo nel paese della rivolta sociale di Landini e la dirigente del Virgilio ha fatto un’altra cosa. “L’intento è di far finire pacificamente e il più presto possibile un’occupazione gestita da una esigua minoranza e che lede il diritto allo studio di molti”. (…)
Ma c’è una cosa culturalmente più deprimente nella logora storia delle occupazioni. È il ruolo dei genitori che accompagnano mano nella mano i pargoletti a vedere com’è la rivoluzione”.
Sul Corriere Massimo Gramellini scrive: Genitori che accompagnano i figli a occupare la scuola, e altri … che partecipano ai sit-in contro l’occupazione. Oltre al senso del ridicolo, che evidentemente però si è smarrito da tempo, li accomuna questo dannato bisogno di rivivere l’adolescenza per interposto pargolo, ma soprattutto l’ansia di evitargli qualsiasi trauma.
Del poco che ho capito finora, riguardo a questo mestiere complicatissimo, il compito di una madre e di un padre consiste nell’esserci in casa, ma nell’allentare il cordino invisibile con cui vorremmo tenerli legati quando escono, persino per andare a scuola. Ci vanno per imparare, anche a trasgredire. E come potranno mai farlo con noi sempre tra i piedi? Si tratta di un gioco delle parti, ma se gli adulti interpretano lo stesso ruolo dei giovani, il gioco finisce e subentra il caos. Un’educazione senza contrapposizione è come una terra senza confini: un deserto. E nei deserti, di solito, ci si perde”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Solo gli utenti registrati possono commentare!
Effettua il Login o Registrati
oppure accedi via