Liceo Parini, va messo in discussione il modello partecipativo?

L’aspetto più preoccupante del caso esploso al liceo Parini è però, al di là delle polemiche sulla presunta o reale eccessiva ‘severità’ di alcuni docenti, l’affiorare di un atteggiamento che si potrebbe definire opportunistico da parte di un numero crescente di insegnanti, ben riassunto da considerazioni come questa, attribuita dai giornali a uno di loro: “oramai ci si pensa due volte a mettere un brutto voto a un ragazzo, c’è troppa paura di ritorsioni da parte dei genitori”.

Ritorsioni di che tipo? A parte il disagio che il docente può provare nella prevista ora settimanale di colloquio con i genitori, soprattutto se questi assumono atteggiamenti aggressivi o inquisitori in pubblico o alla presenza di colleghi, c’è un luogo istituzionale nel quale possono maturare condizioni favorevoli sia all’incontro che, se necessario, allo scontro (in un clima di reciproco rispetto) tra docenti e genitori: è il Consiglio di classe, che si riunisce con la sola presenza dei docenti, in pratica, solo per la valutazione periodica e finale degli alunni, mentre in tutti gli altri casi vede un’ampia presenza di genitori (quattro nella scuola media e due nella secondaria superiore, affiancati da due studenti).

Nella composizione allargata il Consiglio di classe ha competenza in materia di programmazione educativa e didattica, considera le esigenze di ciascun alunno, il contesto socio-culturale, le situazioni di partenza, le attività didattiche e i piani formativi personalizzati, come stabiliscono varie norme vigenti. Questa formulazione ampia delle competenze del Consiglio di classe aperto ai genitori (e nelle superiori agli studenti) può favorire la collaborazione tra famiglie e insegnanti, ma si presta anche ad invasioni di campo da parte di genitori con vocazione ‘interventista’ (che a volte sono anch’essi insegnanti, o docenti universitari, o medici, o psicologi, o giornalisti).

Quest’ultimo tipo di ‘partecipazione’, molto lontano dallo spirito originario dei ‘decreti delegati’ del 1974, non serve alla scuola. Forse è giunto il momento di fare un bilancio realistico di quella esperienza e di proteggere meglio l’autonomia valutativa degli insegnanti.