Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Leggi razziali in una scuola fiorentina

Nel giorno della memoria in un liceo di Firenze una insegnante ha simulato con molta efficacia l’effetto delle leggi razziali nella scuola del 1938, come riferisce Repubblica nell’edizione fiorentina. Nel giorno della memoria, infatti, la prof, anziché ricordare ritualmente fatti ed eventi dell’olocausto, si è inventata una circolare ministeriale che prevedeva il tassativo obbligo per studenti e docenti di presentare entro il 15 febbraio certificati di nascita e di residenza per confermare i normali finanziamenti ministeriali alla scuola.

In base agli accertamenti di quelle certificazioni, ha detto l’insegnante, finito l’anno scolastico, ciascuno avrebbe dovuto trasferirsi al paese di origine della propria famiglia. 

Comprensibile lo sgomento e l’incredulità degli studenti che hanno protestato e, a quanto sembra, anche pianto di fronte alla prospettiva di vedere cambiata la loro vita con irrimediabile rottura delle relazioni personali.

Per dare maggiore credibilità alle proprie parole, l’insegnante ha anche aggiunto che, per le stesse ragioni, lei stessa avrebbe dovuto ritornare in Emilia-Romagna, sua terra di origine.

La simulazione è durata non più di mezzora, perché gli studenti hanno chiesto ragione del totale silenzio della stampa e della tv per una notizia così importante, costringendo l’insegnante a svelare il motivo vero della sua comunicazione. Era stato un modo per onorare “dal vero” il giorno della memoria. «Ragazzi, – ha detto – è andata più o meno così, un po’ di anni fa, in Italia, quando sono state applicate le leggi razziali. Adesso forse lo capite meglio».

«Quell’insegnante ha avuto un’idea geniale – ha detto l’assessore all’istruzione di Palazzo Vecchio, Rosa Maria De Giorgi – mi piacerebbe incontrarla. La giornata della Memoria non deve essere un appuntamento rituale che si ferma a una pagina di un libro. La professoressa del liceo ha trovato la strada migliore per bucare lo schermo e attirare l’attenzione dei ragazzi, ha fatto indossare loro la follia di quel momento storico». Infatti è stato uno shock. Una vertigine. Le lacrime di qualche alunno – commenta la giornalista di Repubblica – raccontano meglio delle parole il dolore, la paura, la solitudine, il muro che si alza quando ti mandano via dal tuo mondo.

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