
Legge di stabilità. No della Flc-Cgil ai licenziamenti
Nel contesto di prossimità ad una vera e propria crisi di liquidità, con la difficoltà a rifinanziare il debito a breve senza il soccorso di autorità internazionali che acquistino i titoli di Stato in scadenza, si possono leggere dei segni delle difficoltà che incontrerà il governo incaricato di attuare, con la legge di stabilità e con altre misure, quanto richiesto all’Italia dall’Europa, dalla Bce e dal Fmi. Uno di questi è dato dalla posizione assunta dai sindacati, soprattutto di quelli rappresentativi del pubblico impiego, principale vittima degli ulteriori tagli destinati a colpire la spesa pubblica.
Il primo a prendere posizione è stato il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, a cui giudizio la norma contenuta nel maxiemendamento alla legge di stabilità in materia di cassa integrazione e di licenziamento dei dipendenti pubblici (che pure risponde a una precisa richiesta fatta all’Italia a livello internazionale), “è un ulteriore attacco al lavoro pubblico” che nella scuola “potrebbe comportare il licenziamento di ulteriori 10.000 docenti e 300 ata se non saranno collocati obbligatoriamente in altre funzioni o trasferiti verso altre amministrazioni”.
La protesta contro “questa ennesima provocazione” è rivolta al governo Berlusconi che “si dimostra fino alla fine autoritario, arrogante e inconcludente”, ma va notato soprattutto l’avvertimento che il sindacalista invia al futuro presidente del Consiglio: “Si sappia che qualsiasi sia il prossimo governo non subiremo passivamente quel provvedimento e siamo pronti a mettere in campo tutte le azioni di lotta possibili per difendere i lavoratori con la stessa coerenza e determinazione dimostrata in questi anni contro il Governo Berlusconi”.
Da notare, fra l’altro, che nell’ultima versione del maxiemendamento, quella approvata, si dice che la mancata attivazione delle procedure sulla mobilità dei pubblici dipendenti da parte del dirigente responsabile “è valutabile ai fini della responsabilità disciplinare”. Si prospettano tempi non facili per i dirigenti pubblici, a partire dai direttori degli USR.
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