L’autogoal di "Treelle"

La “i” di Italiano sugli scudi. Anzi, “on the shields“. Si è molto parlato, la scorsa settimana, dell’esito di una indagine realizzata dall’Istituto Carlo Cattaneo di Bologna e dalla associazione Treelle, guidata dall’ex responsabile scuola di Confindustria, Attilio Oliva.
La ricerca, condotta attraverso un questionario telefonico rivolto ad un campione rappresentativo di 2.597 adulti tra i 18 e i 64 anni, ha tra l’altro rivelato che per oltre il 90% degli intervistati la materia più importante è l’italiano, più dell’inglese e dell’informatica. In fondo alla classifica si collocano il latino e la filosofia, malgrado il rilancio che quest’ultima ha avuto in alcune recenti e affollate iniziative pubbliche.
Fin qui poco di nuovo, compresa la conferma dello scarsa rilevanza attribuita alla matematica e alle scienze (chissà però se il dibattito su Darwin e dintorni ha cambiato la situazione…).
Ma allora perché, stando almeno alle cronache giornalistiche, dopo aver esaltato l’importanza dell’italiano nelle strategie di riforma e rilancio della scuola, l’associazione Treelle chiama gli obiettivi “goals“? Ecco l’elenco dei “goals” mancati, in ordine di importanza: la preparazione al mondo del lavoro, lo sviluppo dell’autonomia cognitiva, la coltivazione del benessere psicofisico degli allievi. E soprattutto la preparazione dei docenti, che secondo i due terzi degli intervistati sarebbero “incompetenti“. O si dovrebbe dire “unfit“?