La via nostalgica dei Comunisti italiani

Finalmente c’è un fronte che si batte contro questa maggioranza populista e autoritaria“, si è sentito dire durante il seminario promosso dai gruppi parlamentari del PCI (Partito dei Comunisti Italiani) a Roma, lo scorso 27 novembre. Il riferimento era alla vasta aggregazione di forze politiche e sindacali copromotrici della manifestazione anti-Moratti del 29 novembre.
Chi parlava era una sindacalista della CGIL, ma il tema è stato ampiamente ripreso: l’obiettivo politico condiviso dal “fronte” era naturalmente quello di combattere “frontalmente“, e possibilmente far cadere in anticipo, il governo Berlusconi e il suo ministro simbolo Moratti, responsabili della “mercificazione dell’istruzione“, funzionale all’affermazione del “pensiero unico“. Sulla riforma Moratti, ha detto il sen. Bergonzi, responsabile scuola del partito, nessuna mediazione è possibile e neppure pensabile: i fautori del dialogo bipartisan sulla riforma tradiscono la causa della lotta dura e intransigente contro di essa. La riforma, in caso di ritorno al governo, va semplicemente “cancellata“.
Per fare che cosa? In sostanza il partito di Cossutta e Diliberto, che ha presentato una propria proposta di legge, rilancia la legge n. 30 di Berlinguer con poche modifiche: otto anni di scuola di base anziché 7, e obbligo scolastico subito a 16 anni, e in prospettiva a 18. Viene proposto anche il ripristino delle commissioni miste (metà interni e metà esterni, con presidente esterno) per l’esame di Stato. Il tempo pieno costituisce una “articolazione fondamentale nella scuola di base“. Nel complesso, sembra che lo sguardo e il cuore dei comunisti italiani siano rivolti più al passato che al futuro. Un sentimento ben interpretato nelle parole di uno dei relatori, il prof. Franco Frabboni, che ha individuato nel quarantennio 1960-2000 una sorta di “età dell’oro” della scuola italiana, a suo giudizio non più restaurabile”.