La via della sperimentazione

Una via d’uscita dallo stallo operativo della riforma Moratti potrebbe essere costituita dalla sperimentazione di alcuni dei suoi aspetti caratterizzanti. Va anzi prendendo consistenza, in alcuni ambienti di viale Trastevere, la convinzione che la complessità e la radicalità dei cambiamenti annunciati (doppio canale “di pari dignità”, riorganizzazione dei piani di studio con forte riduzione dell’orario obbligatorio, personalizzazione dei curricoli tramite le attività facoltative ecc.) richieda una fase preliminare di sperimentazione e verifica di fattibilità, con coinvolgimento attivo dei docenti e valutazione in itinere. Nessun paese moderno, ad ordinamento democratico, ha realizzato da un anno all’altro – viene sottolineato da qualcuno alla Minerva – una riforma della portata di quella preannunciata in Italia: ci sono voluti in genere 10-15 anni per completare i processi, e l’approccio più efficace sembra essere quello di tipo implementativo della riforma continua (rolling reform) adottato, per esempio, dalla Svezia. Paese peraltro notoriamente molto diverso dal nostro.
Insomma, le Intese sottoscritte dal Ministro nelle scorse settimane con la Regione Lombardia e la Provincia di Trento, con le quali vengono poste in sperimentazione alcune delle novità sopra indicate (dal doppio canale ai nuovi orari), potrebbero avere un significato che va al di là della semplice anticipazione di alcuni aspetti della riforma generale. Potrebbero prefigurare un approccio diverso alla riforma stessa, più graduale e sperimentale, ed un passaggio dai vecchi ai nuovi ordinamenti che si realizza in un arco temporale più ampio, coinvolgendo all’inizio solo una parte delle istituzioni scolastiche e formative, crescente nel tempo.
Viene da fare un’osservazione. Il nostro è un paese strano. C’è una legge approvata che non applichiamo. E una legge non ancora approvata, che sperimentiamo. Se poi qualcuno dall’estero, guardando agli ultimi anni di riforme scolastiche nel nostro paese, parla di schizofrenia all’italiana, non ce la prendiamo.