La scuola nel libro di Letta. Più anima che cacciavite

L’ultimo libro di Enrico Letta, Anima e cacciavite. Per ricostruire l’Italia (Solferino, giugno 2021) è prima di tutto una riflessione sulle ragioni che l’hanno indotto ad accettare, dopo sei anni di autoesilio a Parigi (alla guida della Scuola di affari internazionali dell’Istituto di studi politici Sciences Po, una delle più prestigiose Grandes Ecoles francesi), la proposta di fare il segretario del PD, il partito che nel 2014, quando era presidente del Consiglio, lo aveva sfiduciato, preferendogli per quell’incarico l’allora neosegretario Matteo Renzi. 

Non deve essere stato facile per Letta subentrare a un segretario come Nicola Zingaretti che si era dimesso dall’incarico dichiarando di “vergognarsi di un partito nel quale si parla solo di poltrone e primarie”: quei giochi di potere di cui lo stesso Letta era rimasto vittima nel 2014. Se lo ha fatto, come scrive nel libro, è perché ha avvertito l’obbligo morale di contribuire in prima persona, in un momento difficile per il Paese, a “ricostruire un’Italia più sostenibile, più inclusiva, più giusta”.

Gli ingredienti necessari per andare in questa direzione sono due: una forte motivazione ideale (l’anima) e la competenza tecnica per risolvere i problemi (il cacciavite, uno strumento evocato in passato anche da alcuni ministri dell’istruzione, da Fioroni a Profumo). L’impressione che si ricava dalla lettura di questo libro è però che le motivazioni ideali siano prevalenti, o comunque meglio evidenziate, rispetto a quelle tecniche. 

Lo testimonia in particolare il capitolo 8, intitolato “Di tutte la più importante è l’istruzione”. “Alla fine”, scrive Letta, “se dovessi scegliere la parola che riassume tutto – l’impegno e la passione, il senso della politica e fors’anche della vita – direi ‘istruzione’”. Istruzione, nota il cattolico Letta, come la concepiva Gramsci, che “nel legame tra conoscenza, linguaggio e istruzione trovava il fondamento della cultura e anche dell’impegno in politica”.

Non è che nel libro manchino proposte concrete, da cacciavite (obbligo a 18 anni, dote per i diciottenni, generalizzazione dei nidi d’infanzia, formazione di insegnanti di qualità), ma si avverte che l’interesse primario, la missione della quale l’autore si sente investito è quella di restituire un’anima, un’idealità condivisa a un partito da troppo tempo in crisi di identità. Per questo è tornato in Italia e alla politica. Ma con lo sguardo rivolto al futuro perché, come scrive Letta a conclusione del volume riportando i versi di una poesia di Antonio Machado, 

Con l’andare si fa la via,
e nel voltare indietro la vista
si vede il sentiero che mai
si tornerà a calcare”.

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