La scuola della ricerca: l’apprendimento, avventura e stupore

Forse poche altre parole, fra quante arricchiscono il lessico pedagogico, hanno subito uno snaturamento e un impoverimento di significato come è accaduto per la parola “ricerca”. Termine, questo, che ci è caro, perché ci rimanda ad un fiorire di esperienze intelligenti, ricche di qualità, proprie di una scuola intensamente impegnata nel rinnovamento dei metodi e dei contenuti, all’interno di una forte finalizzazione educativa del lavoro con gli alunni. Purtroppo, non poche volte alla “ricerca” si sono richiamate esperienze di ben altro segno, che hanno contribuito a stravolgere il significato autenticamente innovativo, riducendone e snaturandone il senso.

Quante volte abbiamo dovuto vedere studenti chiamati a svolgere, magari come compito per casa, certe “ricerche” sugli animali, o sull’inquinamento, o sullo sport, e via elencando, e che, con più o meno entusiasmo, scaricano da internet quante più informazioni possibili, senza però che tale raccolta sia collegata ad una domanda di ricerca, ad un problema da risolvere. Quando la ricerca scade nell’enciclopedismo e nel nozionismo, non c’è che da rallegrarsi se viene abbandonata.

Ma la ricerca, intesa nel suo significato autentico, è qualcosa di molto, molto diverso.

A. Giunti diceva che studiare equivale a pensare. Si potrebbe aggiungere che, nella metodologia della ricerca, gli strumenti disciplinari alimentano e modellano il pensiero.

La condizione essenziale, perché si possa parlare di ricerca è la presenza di un problema. Non c’è ricerca se non in presenza di un problema da risolvere, e la ricerca consiste, appunto, nel processo di soluzione. Il problema è il cuore del percorso della ricerca, l’origine e il termine di riferimento costante per tutta l’attività, che si conclude quando a questo problema è data soluzione.

Posto il problema, non ci si può sostituire all’alunno, che è invece responsabilizzato nell’attività volta alla soluzione. “Se faccio, capisco” è un buon motto, ancora valido. Solo che, nella logica della ricerca, il “fare” non si identifica né si esaurisce con l’azione diretta (la manipolazione, l’uscita, la realizzazione del cartellone…), ma riguarda il fare procedurale, l’impiego di metodi di indagine specifici, finalizzati alla soluzione del problema e alla scoperta. La scuola che sogniamo è una scuola che nasce dalla capacità di stupirsi, di interrogarsi, di fare dell’apprendimento una avventura di ricerca.

La scuola che sogniamo: ecco di cosa parliamo a novembre

La scuola della ricerca è il modello che presentiamo nel mese di novembre all’interno del nostro progetto “La scuola che sogniamo”.

Nell’inserto pubblicato all’interno del numero 596 novembre di Tuttoscuola, oltre a questo articolo di Italo Fiorin troverai i seguenti approfondimenti sulla scuola della ricerca:

Dalla didattica che fornisce risposte, alla didattica che suscita domande, di Italo Fiorin
La scuola come centro di ricerca
Il clima, una grande sfida che interpella noi docenti in prima persona, di Franco Lorenzoni
Una storia per crescere tutti, di Roberta Passoni
“La scuola deve rendere gli studenti protagonisti dell’apprendimento”. Intervista a Luigi Berlinguer, di Serena Rosticci

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