La Scuola che Sogniamo è… Digitale: spesso le cose funzionano. Persino la DaD

Di Maria Emilia Cremonesi

23 gennaio 2020. In una Londra grigia e invernale si tiene il meeting annuale di Apple Leader in Education: “Engage, Exchange, Empower”. Una platea di dirigenti scolastici e operatori del settore provenienti da tutta Europa, Africa e medio Oriente; unica scuola italiana presente, l’Istituto Ungaretti di Melzo in provincia di Milano. L’intervento di Doug Beck, vice presidente di Apple, definisce ciò che sembra essere  il messaggio forte destinato ai presenti: “be bold”; osate quindi, siate coraggiosi, non perdete la voglia e la passione necessarie per costruire una scuola che sia davvero “open”. Open. Chi avrebbe mai potuto immaginare che solo un mese più tardi quell’aggettivo, open, sarebbe stato quanto di più lontano dal mondo della scuola e dall’intero paese. In un contesto sociale che, per far fronte ad un’emergenza mai vista, chiudeva le porte e isolava le persone, la scuola si spegneva, improvvisamente privata dei suoi elementi vitali: la fisicità, la relazione, l’empatia. Così come in ogni istituto del paese, il background di ciascuno ha avuto in questa fase un ruolo fondamentale: ha potuto permettersi di essere “bold” chi aveva giocato d’anticipo, facendo scelte impegnative in tempi non sospetti.

L’istituto Ungaretti poteva contare su strumenti e soprattutto su competenze adeguate; le prime grazie alla sinergia con l’amministrazione comunale che  sosteneva un articolato progetto di didattica digitale da anni; le seconde grazie ad un piano di formazione intenso e costante rivolto ai docenti: qui si lavorava già nell’ottica della flipped classroom, gli insegnanti abitualmente postavano contenuti in rete a cui gli studenti potevano attingere e che diventavano la base delle attività in presenza.

Ecco perché con il lockdown passare alla DaD ha richiesto una fase organizzativa che è durata un fine settimana: il tempo di identificare una piattaforma che supportasse l’intervento, di  creare tutorial per l’utilizzo della stessa rivolti a docenti e famiglie, infine la costruzione di un orario che andava da un collegamento al giorno per i bambini dell’Infanzia ai cinque per i ragazzi della Secondaria, modulando i contenuti a seconda delle esigenze.

Ne abbiamo parlato nell’inserto de La Scuola che Sogniamo dedicato alla scuola digitale
e pubblicato nel numero di novembre di Tuttoscuola

 Il risultato ottenuto è andato ben oltre la risposta ad una situazione emergenziale: grazie anche alla partecipazione e al sostegno delle famiglie, la percentuale di presenze alle lezioni non è mai scesa sotto il 95%.

L’analisi dei dati richiede una duplice riflessione: la prima ormai ampiamente condivisa è che la pandemia, vista come gigantesco pressure test del sistema scuola ha evidenziato l’importanza di fare scelte, non per arginare emergenze o per risolvere problemi accomodando situazioni esistenti. La scuola deve fare scelte perché è nel suo dna, deve sapersi guardare attorno senza perdere l’amorevole sguardo quotidiano su ciascuno dei propri studenti. La scuola assolve al suo ruolo se ha il coraggio di aprire, di liberare: ambiti disciplinari, orari, ambienti di apprendimento, competenze.

Buona parte degli attuali studenti ricopriranno in futuro ruoli professionali che ora neppure esistono; la scuola non può continuare a proporre soltanto percorsi standard che si esauriscono all’interno di un ambito disciplinare, ambito che finisce per assomigliare più ad una scatola che ad una strada.
Servono nuove skills per cittadini di un mondo che cambia: l’intelligenza emotiva, la capacità di leggere e analizzare dati, la creatività nella ricerca di soluzioni.

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La seconda riflessione è relativa alla scelta della didattica digitale; pare ormai scontato che le nuove generazioni di fatto apprendono, memorizzano e rielaborano secondo processi mentali differenti rispetto alle generazioni precedenti; questo implica un’attenzione al ruolo imprescindibile delle tecnologie e al fatto che esse stesse propongono un modello nuovo di conoscenza: reticolare e caratterizzato da scambio e interazione; alla cultura del libro, che i docenti possiedono come connotante della propria preparazione, deve affiancarsi una mentalità ipertestuale capace di rimandi e associazioni.

A cascata, questo nuovo approccio avrà un impatto su tutti gli aspetti che definiscono il sistema-scuola: prima fra tutti la definizione dei ruoli tradizionali docente/discente che si modificano profondamente se entrambi divengono soggetti consapevoli della natura collaborativa di questo modo di apprendere.

E’ all’interno di queste coordinate che va ricercata la valenza della rivoluzione del digitale a scuola: il digitale non è vincente perché i ragazzi hanno una naturale dimestichezza con gli strumenti.

Leggi l’articolo integrale nel numero di novembre di Tuttoscuola.

Abbiamo parlato della scuola digitale nell’inserto de La scuola che sogniamo pubblicato su Tuttoscuola 

La scuola digitale è il modello che abbiamo presentato ad ottobre all’interno del nostro progetto “La scuola che sogniamo”.

Nell’inserto pubblicato all’interno del numero 606 novembre di Tuttoscuola troverai i seguenti approfondimenti sulla scuola digitale:

– Emergere, di Italo Fiorin
– Prima della didattica digitale, le competenze dei docenti, di Daniela Di Donato
– – Un passo avanti rispetto alla paura, di Stefania Strignano
– Didattica a Distanza e Didattica Digitale Integrata: cosa abbiamo imparato, cosa dobbiamo imparare, di Tiziana Rossi e Luca Dordit.

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