La scuola che sogniamo è… Apprendimento collaborativo: diventare gruppo, costruire comunità

La scuola è un ambiente sociale di apprendimento. Non si va a scuola semplicemente per imparare, ma per imparare insieme agli altri. La relazione didattica ha luogo in un contesto di relazioni umane, la classe. L’aula non è un mero contenitore di alunni, che operano da individui isolati, ma un luogo di molteplici interazioni sociali. Tuttavia la classe, quando viene formata, non è, di per sè, un gruppo, ma il risultato di un’aggregazione piuttosto casuale, la sua nascita è amministrativa, non pedagogica. Nel corso dei mesi e degli anni la qualità sociale di questo raggruppamento evolve, si sviluppano numerose dinamiche di interazioni, si formano e riformano sottogruppi amicali, di interesse, di competizione… Dal punto di vista pedagogico, prestare attenzione alla dimensione sociale contribuisce a valorizzare un enorme potenziale di interazioni spesso ignorato o sotto utilizzato. Ne abbiamo parlato nell’inserto de La scuola che Sogniamo pubblicato nel numero di gennaio di Tuttoscuola.

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Un gruppo di persone formato a caso, come lo è, quando viene costituita, qualsiasi classe, può evolvere e diventare una autentica comunità, un ambiente capace di rendere molto più ricca e significativa l’esperienza di apprendimento.(…)
 
Perché una classe diventi comunità di apprendimento è necessaria l’azione intenzionale e competente degli insegnanti, capaci di ricorrere a modalità organizzative e a strategie didattiche che prevedono modalità collaborative di apprendimento. Se la psicologia dell’apprendimento propone buoni argomenti a favore dell’apprendimento collaborativo, la pedagogia della reciprocità (questa espressione è di J. Bruner) aggiunge alle convinzioni psicologiche altri solidi motivi. Viviamo in una cultura dove la pressione individualistica è molto forte, accompagnata da una concezione competitiva delle relazioni umane. La scuola non è insensibile a queste sirene, e in molte classi si respira un clima competitivo, alimentato dall’idea che per motivare gli studenti sia necessario far appello al loro desiderio di primeggiare. Ci sono metodi didattici che ignorano il contesto interpersonale, che si rivolgono agli studenti come se fossero individui isolati, privi di relazioni. Il risultato è quello di produrre un clima di classe ansiogeno, nel quale soprattutto i più fragili vanno in difficoltà, dove all’incentivo che nasce dall’appassionare e dall’incoraggiare ad esprimersi si sostituisce quello della gratificazione estrinseca, che porta a studiare esclusivamente per il voto e per la carriera. (…)
 
Vivere l’esperienza dello stare insieme alla luce dei valori democratici, mentre si sta apprendendo, tradotto nella realtà dell’aula comporta tre tipi di scelte.
 
Il primo tipo di scelte riguarda la gestione della classe, le “regole” organizzative che strutturano la vita dell’aula. Qui entrano in gioco strumenti di pedagogia istituzionale quali: l’assemblea, il regolamento della classe, l’organizzazione degli incarichi, il piano di lavoro dei gruppi, la bacheca …, e tanti altri strumenti organizzatori della vita quotidiana, affidati alla responsabilità degli studenti e, spesso, ideati insieme a loro, che, giorno dopo giorno accompagnano e favoriscono la trasformazione di quella che inizialmente era una classe casualmente assortita in un vero gruppo, meglio ancora, in una vera comunità.
 
Il secondo tipo di scelte si riferisce alla dimensione didattica, che si apre alla varietà delle strategie di tipo collaborativo: apprendimento cooperativo (nelle diverse modalità del cooperative learning), coppie di aiuto reciproco (nella varietà delle soluzioni che pratiche quali il tutoring e il peer teaching consentono), classi aperte, gruppi di progetto, e così via. (…)
 
Il terzo tipo di scelte ci porta fuori dall’aula, ci fa entrare nella comunità sociale. La scuola che costruisce comunità all’interno della classe, fa parte, essa stessa, di una comunità più ampia e complessa, quella del contesto sociale e culturale nel quale si trova ad operare. La realtà circostante può essere ignorata, come succede fin troppo spesso, ma sarebbe una occasione perduta. L’apprendimento scolastico acquista un significato molto più ricco agli occhi degli studenti quando essi possono sperimentarne l’utilità per comprendere meglio la loro realtà di vita. E, ancora di più, quando sono invitati non solo a conoscere la propria comunità sociale, ma a contribuire a migliorarla. (…)
 
Il testo integrale dell’articolo è consultabile nel numero di gennaio di Tuttoscuola.