La riforma dell’università è legge. Con l’astensione dell’Udc

L’Aula della Camera ha definitivamente approvato il decreto legge di riordino dell’università, con 281 voti a favore, 196 contrari, e 28 astensioni.

Hanno votato contro i gruppi del Partito democratico e dell’Italia dei Valori. L’elemento politicamente più rilevante è rappresentato dall’astensione dell’Udc, che ha motivato la scelta come “un’apertura di credito nei confronti del ministro Gelmini“.

Dal canto suo, il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha commentato positivamente l’astensione del partito di Lorenzo Cesa: “è un risultato positivo e importante. Mi auguro che possa essere solo un primo passo per poter condividere una riforma organica dell’Università cui lavoro da tempo e che spero sia condivisa“.

Quanto al merito della riforma, il ministro ha espresso grande soddisfazione: con questa riforma viene “valorizzato il merito, premiati i giovani, affermata la gestione virtuosa degli atenei e introdotta più trasparenza nei concorsi all’Università per diventare professori o ricercatori“.

Parla addirittura di “autentica svolta” della riforma il senatore del Pdl Giuseppe Valditara, segretario in commissione Istruzione del Senato, che ha spiegato: “Il provvedimento applica per la prima volta nella pubblica amministrazione in tema di retribuzioni il principio meritocratico e introduce il merito e la competenza nella formazione delle commissioni di concorso. Inoltre, vengono premiate le Università che raggiungano i migliori obiettivi in termini di ricerca e di didattica; e viene introdotto un criterio di trasparenza con l’anagrafe delle pubblicazioni e l’obbligo da parte delle Università di rendere conto dei risultati conseguiti in termini di ricerca, formazione e trasferimento tecnologico. Il decreto migliora anche l’efficienza della spesa universitaria penalizzando finalmente gli Atenei che impiegano la quasi totalità delle risorse solo per pagare stipendi, mettendosi così a rischio di indebitamento e trasformandosi in superlicei. Infine favorisce l’inserimento dei giovani nella ricerca, attua il più alto stanziamento di fondi per il diritto allo studio mai fatto prima e incoraggia il rientro dei ‘cervelli’ dall’estero“.

Commenti negativi provengono invece dall’opposizione. Per Pina Picierno (Pd), ministro per le Politiche Giovanili del governo ombra, “il decreto università è un prodotto mediocre, elevato a rango di riforma da una accurata campagna mediatica del governo. Si fa un po’ di maquillage ma non si affrontano i problemi strutturali. Il nuovo testo fallisce nelle finalità principali: non razionalizza le risorse, non diminuisce il potere dei baroni, non migliora la capacità produttiva degli studenti e soprattutto non opera in una dimensione di lungo periodo. Ancora un volta vi e’ una preoccupante assenza di regia: il grande assente è una visione organica della funzione dell’Università’ rispetto agli obiettivi strategici del Paese“.

Fa eco alla Picierno, la collega Maria Pia Garavaglia, ministro ombra del Pd per l’Istruzione e l’Università: “L’università italiana soffre di una crisi che non sarà certo il provvedimento approvato oggi, con le sue misure insufficienti e in alcuni casi anche peggiorative, a riportare ad una situazione di normalità gli atenei. Serve invece una rapida azione in profondità che nessun decreto e’ in grado di garantire“.