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La prova Invalsi di lingua straniera, critiche e una proposta

Sul tema delle prove Invalsi, della valutazione dell’alunno, e della possibile futura valutazione delle competenze degli allievi nelle lingue straniere, riceviamo e volentieri pubblichiamo l’email della nostra lettrice Margherita Vitale.

Invitiamo gli altri lettori a inviarci le loro opinioni sul tema (o su altri temi nuovi da proporre), scrivendoci come di consueto a botta_e_risposta@tuttoscuola.com.

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La Valutazione

E’ recente la notizia secondo la quale il Ministro della Pubblica Istruzione avrebbe intenzione di introdurre la prova INVALSI di lingua straniera negli esami del primo ciclo di istruzione. Come referente per la Valutazione nutro seri dubbi sulla effettiva validità di tale modalità, anche se bisognerebbe vedere come viene impostata tale prova.

Esiste tutta una letteratura che affronta lo “spinoso” problema della valutazione. Col passare degli anni i sistemi di valutazione si sono via via affinati arrivando a proporre strumenti di valutazione molto oggettivi; a tali risultati si è giunti attraverso la creazione di attività che consentono un solo tipo di risposta esatta (Questionari scelta multipla, Vero/Falso), e, anche nel caso di attività a risposta aperta, fornendo griglie di correzione molto dettagliate. Sostanzialmente queste sono le procedure utilizzate nei test di certificazione linguistica, dove si alternano i due tipi di attività a risposta aperta e chiusa.

La valutazione risulta quindi molto oggettiva e va a verificare il possesso o meno di questa o di quell’altra competenza.

A me insegnante, e come penso a tutti gli altri insegnanti, si pone però un immediato interrogativo: quanto questo tipo di valutazione ci “racconta” dell’allievo? In fondo il problema, lo sappiamo tutti, è sempre lo stesso: si vuol essere il più oggettivi possibile, ma si vuol cercare ad un tempo di rispettare e la personalità di ogni allievo e il suo modo di affrontare le prove di valutazione, siano esse i classici compiti in classe o i test propinati da enti “esterni” come l’INVALSI.

Inoltre, le prove oggettive concepite dall’INVALSI non molto possono raccontarci anche dei docenti interessati e delle pratiche didattiche da essi messe in campo per uno specifico gruppo classe e per ogni studente. Abbastanza stranamente, infatti, nella scuola che vuole essere sempre meno “generalista” e che ha voluto porre al centro del processo di apprendimento/insegnamento lo studente con i suoi bisogni e la sua personalità specifici, si propina “dall’alto” un test che è quanto di più generalista possa esistere: l’allievo, in quanto persona, e il cammino da lui percorso per giungere a certi risultati contano assai poco; ciò che conta è misurare il suo livello di competenza in Italiano ed in Matematica nel tempo massimo di 1 ora e 15 minuti ciascuna! Non importa neanche se determinati argomenti siano stati svolti o meno dall’insegnante ed in alcuni casi non conta perfino se qualche quesito riguardi un argomento che si affronta nell’anno successivo (ad esempio nel test INVALSI 2011 il quesito sull’area di un triangolo si affronta di solito in seconda media).

Per questi limiti e per altri che si potrebbero elencare , credo che dalle prove INVALSI venga fuori sempre un quadro un po’ falsato, quindi l’accertamento cui prodest? A mio avviso il test INVALSI andrebbe propinato a pacchetti. Mi spiego. Ogni docente sa quale “programma” ha potuto svolgere in una determinata classe. Da operatori sappiamo bene che ogni classe è diversa dall’altra e che non si possono applicare sempre le stesse metodologie e che sarebbe un’utopia pensare di riuscire a trattare in tutte le classi gli stessi argomenti allo stesso modo, nella stessa misura e con i medesimi ritmi temporali; un docente di una classe riesce a trattare tutti gli argomenti di grammatica programmati per l’anno in quanto, per sua fortuna, ha di fronte una classe molto attiva e ricettiva; il docente di un’altra classe, al contrario, non vi riesce, in quanto ha un tipo di classe molto problematica e quindi deve procedere più a rilento; un altro docente di un’altra classe, invece, riesce ad affrontare solo i 2/3 degli argomenti programmati: alla fine dell’anno però arriva l’INVALSI e generalizza tutto!

Non è giusto per gli studenti, che vengono messi in difficoltà e che si sentono molto frustrati, non è giusto per tutto il lavoro che hanno svolto gli insegnanti durante l’anno, non è giusto per la scuola italiana che viene fotografata in modo distorto.

Si potrebbe procedere, invece, con prove a “pacchetto”. L’Invalsi potrebbe preparare, in modo separato, delle attività che affrontano i diversi argomenti: ad es. il nome, il verbo, ecc. Ogni docente, attraverso magari una procedura automatizzata, potrebbe “scaricare” i vari pacchetti di attività in base agli argomenti effettivamente svolti in quella determinata classe in quel determinato anno scolastico. In questo modo l’accertamento generale mostrerebbe un quadro più veritiero della situazione sia a livello di classe, che di Istituto, che di scuola a livello nazionale, ma anche rispetto al “merito” degli insegnanti, e non per quantità di programmazione, ma per “qualità” di lavoro programmato ed effettivamente svolto.

Le perplessità di cui s’è detto si accrescono se davvero si passerà all’’introduzione della prova INVALSI per le lingue straniere. L’apprendimento/insegnamento di una Lingua Straniera tiene conto di quattro competenze: Comprensione Orale, Comprensione Scritta, Produzione Scritta e Produzione Orale (semplifico su quest’ultima senza fare i distinguo tra ricezione, produzione, interazione, ecc.). Come farà l’INVALSI a valutare la Comprensione e la Produzione Orale che sono fondamentali, se si vuole comunicare in una Lingua Straniera, e che si studia proprio per questo fine?

Siccome sono del parere che ad ogni critica deve seguire una proposta, sarebbe proponibile, forse, creare una convenzione con gli enti certificatori stranieri e sottoporre tutti gli alunni di Terza Media all’esame di certificazione linguistica, per le seguenti validissime ragioni:

  1. la presenza di esaminatori madrelingua abilitati a svolgere quel compito;

  2. la possibilità di certificare in modo chiaro il livello delle quattro competenze in Lingue Straniere raggiunto dagli studenti;

  3. l’assoluta obbiettività, in quanto la certificazione verrebbe rilasciata da un ente terzo autorizzato che nulla ha a che fare con la scuola;

  4. una veritiera fotografia del livello di competenze dei nostri allievi sia a livello di Istituto che Nazionale;

  5. il merito degli insegnanti (in modo riflesso);

  6. la possibilità che hanno gli studenti di ottenere una certificazione riconosciuta e che dà crediti per i livelli di scuola superiore.

Tutto ciò vi pare poco?

Prof.ssa Margherita Vitale

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