La pagella dei cittadini per gli statali. E per la scuola?

Nell’ambito del Festival dell’Economia a Trento il ministro delle riforme nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais, ha affermato che manca la cultura della valutazione degli statali e che occorre coinvolgere direttamente i cittadini, clienti del servizio pubblico, per giudicare la efficienza e la produttività degli uffici pubblici.

Carlo Podda, sindacalista confederale della Cgil, non si è sottratto alla provocazione del ministro e ha parlato di valutazione dei cittadini, di diversificazione del salario sulla base dei voti, fino ad arrivare al licenziamento di chi in ufficio non fa niente.

Si parla di meritocrazia nella pubblica amministrazione, di concreta valorizzazione professionale.
Se il negoziato per il rinnovo del contratto degli statali dovesse recepire ipotesi di tale genere (che, francamente ci sembrano premature rispetto alla effettiva disponibilità dei sindacati di categoria), il problema si dovrebbe porre anche per il contratto della scuola, aprendo scenari imprevedibili.

Rispetto agli altri servizi pubblici, la scuola ha da trent’anni una specie di controllo sociale legato alla partecipazione delle famiglie mediante gli organi collegiali e le assemblee di classe e di istituto.

Se, però, la valutazione-controllo dovesse tradursi in pagelle per le scuole, e, soprattutto, per gli insegnanti, con effetti anche sui salari, si potrebbe correre il rischio di condizionare l’azione degli insegnanti soprattutto negli interventi di valutazione degli alunni.

Visto invece come azione di controllo verso i fannulloni, potrebbe offrire ai dirigenti scolastici elementi in più per rimuovere o contenere gli effetti negativi di quel fenomeno che il ministro dell’istruzione Fioroni, forse con un eccesso di ottimismo, continua a definire di poche mele marce che offuscano l’immagine di qualità della scuola.