La Maturità 2021 guarda al futuro

Non si comprende proprio (anzi, si comprende benissimo, ma non si condivide) il lamento che si leva dai laudatores temporis acti sull’infelice destino della “maturità”, già declassata da Luigi Berlinguer a “esame conclusivo degli studi secondari”, e ora ridotta a un colloquio di un’ora davanti ai propri professori. 

La vecchia maturità anteCovid-19, centrata sulle discipline dell’ultimo anno, era l’ultima versione ormai degradata di un modello che aveva celebrato i suoi fasti in epoca gentiliana, e che le riforme del 1968-70 avevano già notevolmente alleggerito riducendo il numero e la difficoltà delle prove. Progressivamente la quasi totalità dei candidati ammessi all’esame (quasi tutti, e l’anno scorso tutti, causa lockdown) ha conseguito il diploma con votazioni sempre più alte. Quest’anno l’ammissione non è automatica, ma si può scommettere che sarà quasi totalitaria, così come l’esito positivo.

Ma, almeno, non si dovrebbe ripetere la pantomima di prove d’esame disciplinari ripetitive di quelle già sostenute dagli studenti nel corso dell’anno e già valutate in sede di scrutinio ai fini dell’ammissione, anche se la prova orale unica disegnata dalla Ordinanza di quest’anno partirà dalla discussione di un elaborato il cui argomento riguarderà le discipline caratterizzanti l’indirizzo di studi, assegnato ai candidati dal Consiglio di classe entro il 30 aprile. Gli studenti lo prepareranno nel mese di maggio, assistiti da un loro professore. L’elaborato sarà poi consegnato dal candidato entro il successivo 31 maggio.

La novità è costituita dal fatto che l’elaborato, la cui struttura formale è libera, potrà fare riferimento anche ad altre discipline, alle esperienze relative ai Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO), all’Educazione civica e anche a competenze individuali presenti nel curriculum dello studente. Più che le competenze disciplinari dei singoli candidati, che i professori-commissari conoscono bene, potranno essere valutate le loro competenze personali e trasversali, la capacità di organizzare e presentare le loro esperienze formative, la capacità di interagire con la commissione, i loro interessi e le loro aspettative.

È vero che il format della maturità 2021, in parte già sperimentato nel 2020, è stato deciso in una situazione di assoluta emergenza, ma per molti aspetti esso appare preferibile allo stanco, inutile e anche un po’ ipocrita rito della maturità ante Covid-19. Per il futuro si dovrebbe anzi accentuare la personalizzazione di questa prova, valorizzando il portfolio individuale dei candidati, compreso l’esito di prove oggettive – quelle dell’Invalsi e anche altre – e le certificazioni acquisite in campo linguistico, informatico, artistico, sportivo e così via.

Il focus di questo nuovo modello di maturità cadrebbe sulla personalità e sugli interessi degli studenti, che spesso non sono rivolti alle “discipline caratterizzanti”. Perché non consentire loro di sostenere l’esame sulle tematiche da loro preferite, che magari sono quelle che orienteranno anche le loro scelte per il ‘dopo maturità’? E perché non sostituire l’inutile diploma con un documento di bilancio e certificazione delle competenze acquisite?