Un intervento diretto del presidente della Repubblica francese, Francois Hollande, cerca di mettere fine alle forti e diffuse proteste studentesche contro l’arresto e l’espulsione di Leonarda Dibrani, figlia quindicenne di un emigrato kossovaro irregolare, già rispedito in patria insieme al resto della sua famiglia: “Se vorrà proseguire la scuola in Francia, potrà farlo”, ha detto il presidente.

Decisione sofferta, presa da Hollande per ragioni di immagine e di opportunità politica perché il rapporto dell’Ispettorato generale dell’amministrazione francese, che fa capo al Ministero dell’interno, aveva sottolineato che l’espulsione della ragazza era avvenuta in modo “conforme alle normative in vigore”, anche se nella circostanza le forze dell’ordine non avevano agito con il “discernimento necessario” procedendo all’arresto della studentessa mentre viaggiava su un pullman in gita scolastica. Lo stesso rapporto, pur giudicando legittima la procedura seguita, consiglia infatti in generale di “evitare le espulsioni in ambito scolastico”.

La stessa cosa aveva fatto d’altra parte anche il governo Sarkozy nel 2006: prima le espulsioni, poi la marcia indietro, senza però arrivare (ma non lo ha fatto neanche l’attuale governo a guida socialista) a sancire il diritto dei giovani irregolari in età scolare ad essere istruiti in Francia.

Sotto questo profilo certamente più liberale e garantista è la normativa italiana in materia, che tale diritto invece lo prevede. Il regolamento di attuazione del Testo Unico sull’immigrazione (DPR 31 agosto 1999, n. 394) all’art. 45 dispone infatti che “i minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all’istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani”. Norma che è rimasta invariata anche quando la Lega Nord ha fatto parte del governo con Maroni ministro dell’interno.