La femminilizzazione tra gli insegnanti, cause ed effetti

Premesso che la diffusa femminilizzazione del corpo docente è una tendenza presente in molti Paesi europei, quali possono essere in Italia le ragioni che spingono sempre più le donne a scegliere l’insegnamento e gli uomini a non cercarlo?

Sotto il profilo strettamente professionale questa accentuata femminilizzazione è un bene o un male? I pareri sono contrastanti e difficilmente si armonizzano in una sintesi condivisa, anche perché le valutazioni vanno riferite ai settori scolastici di riferimento (es., nella scuola dell’infanzia – che forse non a caso si chiamava fino a pochi anni da scuola materna – è preferibile una figura femminile o il genere è irrilevante?).

Probabilmente occuparsi della formazione dei minori, per aiutarli a diventare adulti potrebbe essere congeniale più alle donne che agli uomini, ma non vogliamo addentrarci in un campo che preferiamo lasciare ad altri esperti.

È, invece, probabile che il tipo di lavoro e, soprattutto, la retribuzione modesta spingano i laureati uomini a cercare soluzioni lavorative più vantaggiose.

L’orario di lavoro, le effettive giornate lavorative e i tempi feriali disponibili attirano in particolare le donne che, comunque e nonostante i mutati ruoli sociali, aggiungono in genere all’attività lavorativa i carichi di lavoro familiari e domestici.

Proprio questa ultima considerazione sposta però l’attenzione dal campo professionale dell’insegnante a quello più strettamente personale.

Sotto l’aspetto personale non v’è dubbio, infatti, che i problemi familiari di cura e di assistenza, oltre a quelli connessi con la maternità, incidono oggettivamente sulle prestazioni lavorative in termini di assenza dal servizio più di quanto avviene per i colleghi uomini (fatte salve ovviamente le dovute non poche eccezioni).